Dall'antico regime alla modernità

Abbiamo introdotto il tema della grande svolta del mondo europeo e delle sue proiezioni coloniali alla fine del Settecento e all'inizio dell'Ottocento.

1. Dal patriottismo al nazionalismo

Dagli anni '60 del Settecento in poi emerge nella cultura e nel discorso politico di vari paesi europei il tema dell'identità nazionale. Il patriottismo, preesistente da molto tempo, comincia a piegare verso quello che sarà definito nazionalismo, e che caratterizzerà la cultura politica di tutti i paesi del mondo, dove prima e dove dopo, sino al Novecento.

2. Un secolo di crescita. Nascita dell'industria.

Il Settecento, specie dalla metà del secolo in poi, è una fase di espansione demografica. E' anche nell'insieme una fase di espansione dei commerci sia terrestri sia marittimi e di crescita economica. In Inghilterra, dagli anni '60 in poi prende l'avvio una trasformazione rapida e radicale dell'economia che è stata battezzata Rivoluzione industriale. In altre parole prende il via un processo di industrializzazione caratterizzato dal sorgere di fabbriche che danno lavoro a masse di lavoratori tarsferitisi dalle campagne in centri spesso cresciuti con ritmo rapidissimo da villaggi a città: Manchester, Birmingham, Sheffield e tanti altri centri urbani del nord dell'Inghilterra in pochi decenni diventano grandi città. Le fabbriche producono in serie grandi quantità di prodotti, a cominciare dal settore tessile. La produzione non è diretta solo al mercato interno, ma sempre più all'esportazione. Un tessuto di conoscenze scientifiche diffuse e applicate alla tecnica porta all'invenzione di macchine e strumenti che meccanizzano la produzione. L'Inghilterra entra per prima nell'età industriale e conserverà per questo a lungo un vantaggio competitivo sugli altri paesi.

3. La corsa agli imperi.

Nel corso del Settecento Inghilterra e Francia sono in competizione per realizzare un'espansione imperiale nei continenti extraeuropei. La contesa si svolge nelle Americhe, in Africa, in Asia e riguarda lo stabilimento di teste di ponte commerciali per entrare nei mercati asiatici, di empori e stazioni utili a sviluppare il traffico negriero, di colonie di popolamento. Nel corso della guerra dei Sette anni (1756-1763), che in realtà in America era iniziata due anni prima, l'Inghilterra ottenne una vittoria completa, estromettendo la Francia dal Nordamerica, togliendole basi negriere e relegandola in posizione di secondo piano in India.

La vittoria inglese fu però seguita da una seria crisi del sistema imperiale britannico, perché, come alcuni avevano previsto, la scomparsa della minaccia francese accentuò i motivi di protesta e distacco delle colonie inglesi nel continente nordamericano che sfociarono nella guerra di indipendenza americana e nella nascita di un nuovo e originale esperimento politico. Si veda la pagina dedicata a questo argomento.

4. Il crollo dell'antico regime in Francia.

La Francia aveva vinto la guerra, ma ne era uscita con un debito pubblico ancor più schiacciante di quello inglese. Negli anni Ottanta i diversi ministri che affrontarono il problema del deficit vennero bloccati nelle loro iniziative dal veto di questo o quel corpo privilegiato. I nobili rifiutavano di accettare una riforma fiscale. Il clero rifiutava di essere obbligato a pagare tasse diverse dal dono gratuito che esso offriva volontariamente al sovrano. I parlamenti si facevano eco dell'insoddisfazione dell'opinione pubblica, che criticava gli sprechi della corte (la regina Maria Antonietta in particolare era ritenuta irresponsabilmente prodiga) e le sperequazioni fiscali. Dopo che prima Necker, poi Calonne, poi Loménie de Brienne ebbero fallito, e anche una assemblea di notabili non raggiunse alcun risultato, il re decise di convocare dopo 175 anni gli Stati generali per il maggio 1789. Le scarse capacità politiche del sovrano, Luigi XVI, e l'obiettivo scontrarsi di posizioni poco conciliabili condussero in pochi mesi a uno stato di ribellione e agitazione diffusa che portò nel luglio 1789 in popolo di Parigi all'insurrezione e alla presa della fortezza-simbolo della Bastiglia, e nel mese successivo le campagne di tutta la Francia a mobilitarsi contro il sistema feudale. Gli Stati generali si trasformarono in una Assemblea nazionale costituente; i diritti feudali vennero aboliti il 4 agosto; in ottobre il re venne costretto a rientrare a Parigi, sostanzialmente sotto il controllo della popolazione. L'antico regime non esisteva più, ma il nuovo non riusciva a stabilizzarsi.

5. I costituenti cercarono di risolvere il problema del deficit nazionalizzando i beni della Chiesa. Adottarono una costituzione (1791) che lasciava al re il potere di veto, ma prefigurava un governo responsabile davanti a un parlamento unicamerale (venne scartata l'idea di istituire due camere). Inoltre vollero riformare la Chiesa dando vita a una costituzione civile del clero che scioglieva gli ordini religiosi, faceva dei parroci dei funzionari pubblici, troncava il legame gerarchico con Roma, rendeva parroci e vescovi elettivi da parte di assemblee, e imponeva a tutto il clero un giuramento di fedeltà a questa costituzione. Queste misure provocarono uno scisma religioso e il distacco della maggior parte dei cattolici. Il re era contrario a questa e ad altre misure, mentre molti nobili emigrarono per protesta e altri lasciarono le loro cariche civili e militari e si ritirarono nei loro possedimenti. Luigi XVI cercò di fuggire, ma venne fermato e riportato a Parigi, virtualmente prigioniero (giugno 1791). Così cominciò a manifestarsi un orientamento repubblicano.

6. La fine della censura e la libertà di associazione portarono alla nascita dei luoghi e delle forme della politica moderna: giornali di opinione, club politici nei quali si promuovevano petizioni e iniziative di legge e si discutevano i lavori dell'assemblea, gruppi di deputati che si raccoglievano attorno a programmi distinti, prefigurando dei veri e propri partiti. Le stesse denominazioni di destra e sinistra entrarono nell'uso allora. Nei club, in particolare in quello dei Giacobini, che creò una rete di corrispondenza con le sue diramazioni nelle province, si formava la figura del militante politico di origine popolare: anche se l'iscrizione al club comportava una quota e i frequentatori rappresentavano una élite popolare, rispetto al mondo dell'antico regime si era verificata una rivoluzione sia nella mentalità sia nella prassi.