Per non smarrirsi nell'Inghilterra del Seicento 2

Ulteriori osservazioni sulla storia inglese del Seicento

Per non perdersi nell'Inghilterra del Seicento  2

1. Terminologie. La rivoluzione inglese del 1640 è stata definita "puritana" dagli storici dell'Ottocento, che erano in genere protestanti e liberali, non più puritani magari, ma simpatizzanti per quei lontani personaggi vestiti di nero. Per gli storici di orientamento marxista del Novecento è "la rivoluzione inglese", nel senso di rivoluzione borghese. E la storiografia marxista ha sempre preso in considerazione prevalentemente la rivoluzione del 1640, non quella del 1688-1689. Ma parecchi storici inglesi, evidentemente impauriti dal termine rivoluzione (una cosa da continentali), scrivono pudicamente di English Civil Wars. E il periodo nel quale la monarchia è abolita (1649-1660) è definito solo da alcuni English Republic; più numerosi sono quelli che si riferiscono al Commonwealth (che più o meno vuol dire repubblica, ma suona più moderato); e altri ancora, sicuramente monarchici, lo chiamano Interregnum. Fu una rivoluzione borghese? Sì, se si intende che i suoi esiti alla lunga aprirono la strada all'affermarsi di una società borghese e capitalistica. No, se si pretende che a promuoverla e dirigerla siano stati esponenti di una borghesia che prima dell'Ottocento si stenta a trovare in qualunque parte d'Europa.

La rivoluzione del 1688-1689 in Inghilterra fu un colpo di stato incruento. Un cambiamento di regime che trasferiva il potere dal suocero al genero e alla figlia. Ma in Scozia fu una breve e tutt'altro che incruenta guerra civile. E in Irlanda fu una guerra nazionale e religiosa di indipendenza che i cattolici irlandesi persero, col risultato che nell'isola si affermò definitivamente il dominio inglese e protestante. E' meglio non andare dagli irlandesi a parlare di Glorious e tantomeno Bloodless Revolution. Ma bisogna chiedersi perché sia stata definita Glorious una rivoluzione moderata e poco rivoluzionaria come quella del 1688-1689 e non quella del 1640 che partorì idee repubblicane, progetti di riforma politica, esplodere del pluralismo religioso senza persecuzioni.

2. Agli storici inglesi non è piaciuto molto ricordare la fase rivoluzionaria della loro storia. O meglio, l'hanno studiata moltissimo, ma cercando molto spesso di attenuarne proprio il carattere rivoluzionario. Alcuni hanno sostenuto persino che la rivoluzione importante non fu quella del 1640, ma quella più breve e meno sanguinosa del 1688-1689. Poiché conobbero una rivoluzione prima di altri paesi e poi furono una grande potenza liberale e imperiale gli inglesi hanno teso a presentarsi come emblemi di una trasformazione graduale e rispettosa del passato e dei precedenti. Hanno sottolineato di preferenza gli aspetti costituzionali, politici e religiosi della loro rivoluzione, non quelli sociali. Hanno dimenticato che, tenuto conto della popolazione presente nelle isole britanniche a metà Seicento, quei rivolgimenti politici furono tutt'altro che incruenti: le battaglie e le stragi costarono migliaia e migliaia di morti; le carestie e le epidemie conseguenti alle guerre molti di più.

3. Quali i risultati delle due rivoluzioni inglesi? L'affermazione di un sistema politico liberale, con un re dai poteri limitati e non di diritto divino; un parlamento obbligatoriamente convocato periodicamente; la separazione tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario; una carta dei diritti che proibiva arresti arbitrari e senza mandato di un giudice, detenzione senza processo, processo senza giuria, violazione della corrispondenza privata; libertà di stampa, salvo querela per diffamazione; tolleranza religiosa pur in una cornice che vedeva privilegiata la chiesa di stato.

Era molto e nel resto del continente, salvo che nelle Province Unite, non esisteva da nessun'altra parte. Gli inglesi potevano giustamente esserne orgogliosi. Ma durante la rivoluzione del 1640 i gruppi radicali avevano chiesto anche equità fiscale, giustizia più imparziale e meno crudele, tolleranza religiosa per tutti, redistribuzione delle terre ai contadini, allargamento del suffragio alla grande maggioranza dei maschi adulti. Queste rivendicazioni, di tipo democratico e in qualche caso protosocialista e non soltanto liberale, vennero ottenute soltanto nel pieno Ottocento e in qualche caso nel Novecento.