Carlo V

Carlo V:  chi era costui?

1. Non era molto alto. Aveva un accentuato prognatismo (mia nonna avrebbe detto: aveva una gran bazza) malamente mascherato dalla barba. Era colto. Parlava molte lingue: francese, tedesco, italiano, castigliano, ovviamente latino, fiammingo. Perché erano le lingue dei suoi sudditi (dei colti: la massima parte si esprimeva in una miriade di dialetti). Nacque a Gand/Ghent, nelle Fiandre, nel 1500. A quattro anni perse la nonna materna, Isabella di Castiglia. A sei anni il padre, Filippo d'Asburgo; e la madre Giovanna venne dichiarata pazza. A sedici morì il nonno materno, Ferdinando d'Aragona: e divenne perciò re di Castiglia, Aragona ecc. ecc. A diciannove anni perse il nonno paterno, l'imperatore Massimiliano I, e qualche tempo dopo fu eletto a sua volta  imperatore. A vent'anni regnava pertanto sulla Spagna, i Paesi Bassi, la Franca Contea, la Sardegna, la Sicilia, l'Italia meridionale, l'Austria e i domini da essa dipendenti (terre nella Germania meridionale, Tirolo, Slovenia, Venezia Giulia), mentre i suoi sudditi spagnoli stavano andando alla conquista delle Americhe e il fratello Ferdinando ereditava nel 1526 Boemia, Moravia, Slovacchia, Croazia, parte dell'Ungheria. Carlo era inoltre imperatore del Sacro Romano Impero.

2. Il caso l'aveva voluto. Nessuno poteva immaginare che il nonno Massimiliano avesse posto le premesse per il trapianto degli Asburgo (Hapsburg, Habsburg) dal Danubio alla meseta castigliana. Un'insolita e ravvicinata sequenza di decessi fece sì che invece della prevista e studiata rete di alleanze tra stati distinti si determinasse un accumulo di corone su una sola persona quale non si era mai visto in Europa. E questo proprio quando da un lato la Castiglia stava lanciandosi alla conquista di gran parte del continente americano, dall'altro la Francia cercava di espandersi in Italia, dall'altro lato ancora nei territori dell'Impero si profilava la crisi religiosa della Riforma, e infine sulla frontiera orientale dell'Austria e nel Mediterraneo si materializzava la superpotenza ottomana. Carlo V fu perciò obbligato a combattere su tutti questi fronti. In particolare la Francia, retta da Francesco I di Valois, e l'Impero ottomano, con i suoi alleati barbareschi, furono i nemici più costanti e pericolosi.

3. Accolto con difficoltà nei regni iberici, in conflitto quasi permanente con i re di Francia, in guerra intermittente e guerriglia continua con i turchi e i corsari barbareschi, alle prese con i principi tedeschi passati alla Riforma, avversato dai papi Clemente VII e Paolo III, che ne temevano lo strapotere e  giunsero ad allearsi (indirettamente) persino con i turchi contro di lui, per quarant'anni perseguì il sogno impossibile di essere l'arbitro della  cristianità occidentale. Fu un personaggio-cerniera: l'ultimo grande imperatore medievale ma anche il costruttore di un sistema imperiale che influenzò e orientò il corso della storia di tutta l'Europa nell'età moderna.

4. In larga misura fallì. Non riuscì a scongiurare la divisione religiosa dell'Impero né la diffusione della Riforma. Non sottomise i principi tedeschi protestanti. Non concluse la guerra con la Francia, che lasciò in eredità al successore. Contenne con molta difficoltà gli ottomani e i barbareschi, che alla fine del suo regno erano all'offensiva.  Consolidò i suoi domini e assistette all'enorme ampliamento dell'impero coloniale castigliano, ma indirizzò le risorse umane e finanziarie della Castiglia verso una politica europea che non era del tutto coerente con gli interessi di quel reame. E per reprimere la rivolta delle città castigliane dovette appoggiarsi alla grande aristocrazia garantendole la supremazia politica a detrimento degli elementi borghesi della società castigliana. Una corrente di storici spagnoli ha considerato l’ascesa di Carlo d’Asburgo sui troni di Castiglia e Aragona l’apertura dell’età di maggiore grandezza e potenza della Spagna. Ma un’altra corrente la giudica una enorme disgrazia: il dirottamento di risorse ed energie spagnole verso obiettivi e interessi che erano dinastici e non nazionali.

5. A differenza di Francesco I di Francia e di Enrico VIII di Inghilterra, che consolidarono delle monarchie nazionali, Carlo V cercò di difendere l'idea di una grande monarchia sovranazionale: l'Impero. Qualche studioso di recente ha voluto vedere in lui un lontanissimo e inconsapevole precursore dell'unità europea. L'imperatore ne sarebbe molto stupito. Ma sta di fatto che mentre nell'Ottocento e nel primo Novecento gli storici mettevano l'accento sull'arcaismo della concezione imperiale di Carlo V e giudicavano invece progressiva e moderna l'opera dei monarchi nazionali, dopo la Seconda guerra mondiale il fallimento sanguinoso dei nazionalismi e l'emergere dell'idea di federalismo europeo, ha indotto alcuni a rivalutare la figura di Carlo V.

6. Nel 1555-1556 Carlo abdicò, fatto eccezionale, a tutte le sue corone e titoli e si ritirò in un convento dell'Estremadura, nalla Spagna più remota, dove morì cinquantottenne appena due anni dopo.

Aveva diviso l'immensa eredità tra il figlio Filippo II, al quale andarono i domini spagnoli (con le colonie), italiani, e i Paesi Bassi, e il fratello Ferdinando I, che ottenne il titolo imperiale e i possedimenti degli Asburgo in Austria, Boemia, Moravia, Slesia, Slovacchia, Slovenia, Croazia, e parte dell'Ungheria.  Si formarono così i due rami cugini e alleati degli Asburgo di Madrid (per gli spagnoli gli Austrias, cioè i monarchi di casa d'Austria) e di Vienna. I primi si estinsero nell'anno 1700, i secondi, con l'innesto della casa di Lorena nel Settecento, esistono  ancora, come privati cittadini, dopo la caduta dell'Impero austroungarico nel 1918. Anche la scelta di come operare la divisione è stata molto discussa: legando i Paesi Bassi ai domini iberici e non a quelli austriaci Carlo favorì indubbiamente il figlio, ma seguitò a tenere vincolata la politica spagnola ai lontani Paesi Bassi, ben presto ribelli, per continuare a dominare i quali i suoi successori profusero invano in ottant’anni di guerra gran parte del tesoro americano.

PER  CHI  VUOLE  APPROFONDIRE

Il miglior studioso italiano di Carlo V è stato Federico Chabod (1901-1960), i cui fondamentali lavori sull'imperatore e sulla Lombardia del Cinquecento sono stati pubblicati dalla casa editrice Einaudi. Nonostante risalgano agli anni '30-'50 non sono studi vecchi. Sono classici. Scritti per giunta in una prosa limpidissima. Se vi capiterà mai di leggerli ne trarrete giovamento. E poiché ho menzionato Chabod, uno dei più grandi storici italiani del Novecento, vi segnalo un altro suo bellissimo libro: Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896. Le premesse. Il titolo è un po' fuorviante: nel libro trovate in realtà un quadro dell'Italia all'indomani del compimento dell'unificazione nazionale. E' un capolavoro, anch'esso scritto benissimo.