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Astrofisica | L’ingrediente mancante nella comprensione della materia oscura nell’Universo

11/09/2020

Scienza, cultura e ricerca

C’è un ingrediente mancante, mai considerato prima, che potrebbe aiutarci a comprendere la natura della materia oscura e il suo comportamento nell’Universo

Lo ha individuato un team di astrofisici cogliendo una discrepanza tra alcune osservazioni astronomiche e i modelli teorici elaborati fino ad oggi riguardo la distribuzione della materia oscura negli ammassi di galassie. 

Si tratta di una differenza, mai considerata prima ma molto significativa, nel comportamento della materia oscura su piccola scala, cioè all’interno delle singole galassie rispetto a quanto accade su larga scala, negli ammassi di galassie che le ospitano.

La scoperta è valsa la pubblicazione sulla rivista scientifica Science ed è stata possibile grazie ai dati raccolti dal Telescopio Spaziale Hubble (HST) della NASA/ESA e dal Very Large Telescope (VLT) in Cile.

Il lavoro è nato dalla collaborazione tra l’Università di Ferrara, diversi istituti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) tra cui l’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio (OAS) di Bologna e l’Università di Yale (Stati Uniti)

Effetto lente gravitazionale: nuovi dettagli su piccola scala

Lo studio della materia oscura è possibile grazie a strumenti indiretti, dal momento che per sua natura la materia oscura non è rilevabile da nessun tipo di interazione elettro-magnetica.

“Uno degli strumenti più efficaci per lo studio della materia oscura è l’effetto lente gravitazionale teorizzato dalla Relatività Generale di Einstein: è il fenomeno per cui, in presenza di una grande massa, lo spazio-tempo  si incurva e il percorso effettuato dai raggi luminosi non è più rettilineo, creando un effetto del tutto simile a quello di una lente” spiega Piero Rosati, professore del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara, tra gli autori dell’articolo su Science.

“Il nostro studio ha dimostrato che l’effetto lente gravitazionale legato alla presenza di materia oscura su piccola scala, cioè intorno alle singole galassie, sembra avere un comportamento anomalo rispetto a quanto accade su grande scala, negli ammassi di galassie” continua il professor Rosati.

“Su piccola scala, infatti, l’effetto lente gravitazionale sembra essere 10 volte più efficace rispetto a quanto hanno previsto fino ad ora i modelli di materia oscura” chiarisce Rosati.

“Gli ammassi di galassie sono laboratori ideali per capire se le simulazioni al computer dell’Universo riproducono in modo affidabile ciò che possiamo dedurre sulla materia oscura e la sua interazione con la materia ordinaria” aggiunge il professor Massimo Meneghetti dell’OAS, primo autore dell’articolo.

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Il video rappresenta una schematizzazione dell'effetto di lente gravitazionale. Un ammasso di galassie agisce come una potente lente gravitazionale che devia i raggi di luce provenienti da una galassia distante, creando immagini fittizie dello stesso oggetto in diverse zone di cielo. In condizioni geometriche favorevoli si possono anche creare i cosiddetti “anelli di Einstein” intorno a singole galassie. Queste osservazioni permettono di fare una sorta di radiografia della distribuzione di massa dell’ammasso, costituito in gran parte di materia oscura.

Credits: Piero Rosati (Unife) & the CLASH-VLT Team

La nuova mappa della materia oscura negli ammassi di galassie 

Le osservazioni combinate del Telescopio Spaziale Hubble (HST) e del Very Large Telescope (VLT) hanno permesso di individuare un gran numero di immagini deformate, spesso addirittura multiple, di galassie situate dietro ogni ammasso e generate dall’effetto di lente gravitazionale. 

“Grazie ai dettagli senza precedenti ottenuti con questo studio, abbiamo potuto elaborare delle mappe ad alta risoluzione della distribuzione di massa della materia oscura in ammassi di galassie. Inaspettatamente, abbiamo scoperto che la materia oscura contenuta nelle singole galassie appare più concentrata di quanto predetto dalle più avanzate simulazioni cosmologiche” racconta Rosati.

Meneghetti aggiunge: “Abbiamo condotto moltissimi test per verificare la validità dei nostri risultati, e abbiamo concluso che la discrepanza trovata tra osservazioni e teoria può essere spiegata dalla mancanza di qualche ingrediente fisico nei modelli cosmologici che descrivono la formazione delle strutture nell’Universo.” 

La professoressa Priyamvada Natarajan del Dipartimento di Astronomia e Fisica all’Università di Yale negli Stati Uniti commenta il risultato con entusiasmo: “La discrepanza che abbiamo individuato è stata e continuerà ad essere molto stimolante. Se si guarda all’evoluzione delle idee scientifiche, sono questi tipi di lacune e anomalie che hanno rivelato la mancanza di qualcosa nella teoria attuale o indicato la strada verso un modello totalmente nuovo con un maggior potere esplicativo.”

Simulazione cosmologica di formazione di strutture nell’Universo credits” Collaborazione Illustris”

Simulazione cosmologica della formazione di strutture nell’Universo. Credits: "collaborazione Illustris

Il contributo del team Unife

Il ruolo di Unife è stato particolarmente importante grazie al lavoro del professor Piero Rosati, che ha coordinato la campagna spettroscopia condotta con il Very Large Telescope (VLT) in Cile.  

“Le osservazioni spettroscopiche sono la chiave per misurare le distanze delle galassie” commenta Rosati. “Così come accade per le lenti ordinarie, anche per ricostruire le proprietà di una lente gravitazionale dalle immagini che produce è essenziale conoscere le distanze tra osservatore e lente e tra lente e sorgente”. 

L’analisi degli spettri delle galassie dell’ammasso, condotta assieme a Pietro Bergamini dell’OAS e Amata Mercurio dell’Osservatorio di Capodimonte (Napoli), si è rivelata cruciale per il progetto: 

“Le osservazioni spettroscopiche della luce emessa da centinaia di galassie ci hanno permesso di individuare le galassie appartenenti ad ogni ammasso, mentre la misura della velocità delle stelle all’interno delle galassie ha reso possibile stimare la massa di ogni singola galassia e quindi la quantità di materia oscura presente” commentano Bergamini e Mercurio.

L’analisi delle simulazioni numeriche e l’interpretazione dei risultati teorici e’ anche opera di Francesco Calura, Ricercatore ferrarese all’INAF di Bologna, che aggiunge: “Nelle simulazioni cosmologiche si e' arrivati a modellare dettagli inimmaginabili fino a poco tempo fa, come la formazione di piccoli ammassi di stelle. Il nostro risultato evidenzia che ci sono ancora problemi molto importanti da risolvere”.

Alcuni dei coautori dell’articolo, tra cui lo stesso Pietro Bergamini, il cui lavoro di tesi ha ispirato la pubblicazione, sono stati studenti a Unife. Altri, come il professor Massimo Meneghetti e Francesco Calura, sono spesso visitor del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra di Ferrara, che ha una convenzione che facilita collaborazioni con il personale INAF (nel collage le foto degli autori che hanno o avuto a che fare con Unife). 

Inoltre, i modelli fisico-matematici di lente gravitazionale sono stati elaborati con le strutture di calcolo del gruppo di Astrofisica di Unife, con il prezioso lavoro di ex-assegnisti di ricerca presso Unife, come Gabriel B. Caminha ed il supporto tecnico degli informatici del Dipartimento.

Il lavoro è stato anche finanziato dal PRIN-MIUR (2017WSCC32) di cui Piero Rosati è Principal Investigator (PI) nazionale, che oltre ad Unife raccoglie l’INAF, l’Università di Bologna e di Milano. 

collage team astrofisica

In alto, da sinistra: Piero Rosati, Gabriel B. Caminha, Massimo Meneghetti. In basso, da sinistra: Carlo Giocoli, Francesco Calura, Pietro Bergamini.

Maggiori informazioni

Il titolo originale dell’articolo è: An excess of small-scale gravitational lenses observed in galaxy clusters. 

Le autrici e gli autori dell’articolo sono: Massimo Meneghetti, Guido Davoli, Pietro Bergamini, Piero Rosati, Priyamvada Natarajan, Carlo Giocoli, Gabriel B. Caminha, R. Benton Metcalf, Elena Rasia, Stefano Borgani, Francesco Calura, Claudio Grillo, Amata Mercurio, Eros Vanzella.

Per approfondire: 

- Materia oscura: la ricetta va perfezionata | press release INAF

Hubble Observations suggest a missing ingredient in dark matter theories

- Hubble Space Telescope

A cura di DAVIDE D'ELIA e ELEONORA LA ROSA (Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara)