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Astrofisica | Viaggio alle origini dell’universo, con il progetto europeo CMB-Inflate

21/12/2021

Scienza, cultura e ricerca

La radiazione cosmica di fondo è una delle prove fisiche fondamentali del Big Bang, avvenuto circa 14 miliardi di anni fa. A Unife, il gruppo CosmoFe, coordinato dal professor Paolo Natoli del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra, si occupa di studiarne le caratteristiche e ricavare preziose informazioni sulle origini dell’universo.

"In questo periodo stiamo lavorando al progetto CMB-INFLATE - Advanced Methodologies for Next Generation Large Scale CMB Polarization Analysis. È un progetto finanziato dall’UE che ha creato un network di giovani ricercatrici e ricercatori internazionali.
Il nostro obiettivo è sviluppare metodologie innovative per estrarre informazioni dall’osservazione di una particolare componente della radiazione cosmica di fondo" spiega Natoli.

Il progetto, della durata di 4 anni, è appena stato avviato e coinvolge 8 università europee, con nodi extraeuropei in Canada, Stati Uniti, Vietnam e Giappone. L’Università degli Studi di Ferrara è parte di questa infrastruttura internazionale. 

Osservare il Big Bang, con la radiazione cosmica di fondo

A Unife, il gruppo di ricerca guidato dal Professor Natoli si occupa dell'osservazione dell’universo primordiale:

“Nel primo periodo di vita, di circa 400mila anni, l’universo era talmente caldo e denso da fare sì che non ci si potesse guardare attraverso. La nostra vista si ferma a quella che è definita superficie di ultimo scattering. Da lì, noi osserviamo la luce del big bang, ovvero la radiazione cosmica di fondo”, spiega Natoli.

Scoperta nel 1964 da Penzials e Wilson, la radiazione cosmica di fondo valse ai due astrofisici un Nobel nel 1978. La scoperta fu un fatto casuale, frutto dell’osservazione di un disturbo di origine extraterrestre nelle frequenze delle microonde. Grazie a questa fortunata scoperta, i fisici si sono trovati per le mani un potentissimo strumento di analisi cosmologica:

“Studiando questa radiazione, riusciamo a studiare la fase iniziale dell’universo e la formazione delle galassie, strutture che lo compongono e che permettono la nostra stessa esistenza. In altre parole, osservando la radiazione, quel che noi vediamo è la controparte della perturbazione che ha dato origine alle galassie. Essa ci restituisce l’immagine dell’universo nelle sue fasi iniziali, e ci permette di carpirne le condizioni fisiche” continua il professore.

10 secondi dopo il Big Bang, la perturbazione primordiale e le onde gravitazionali

La luce emessa dalla radiazione cosmica di fondo può apportare nuovi dati e integrare le informazioni di cui oggi disponiamo. Ciò avviene attraverso lo studio di due componenti della luce: l'intensità e la polarizzazione

"Le onde gravitazionali primordiali sono una speciale forma di polarizzazione connessa a una perturbazione primordiale che non si era mai osservata prima. Sono state emesse 10-34 secondi dopo il Big Bang da un processo fisico chiamato inflazione cosmica, il quale ha creato le perturbazioni che formano le galassie. 

L'obiettivo di CMB-INFLATE è creare metodologie innovative di analisi per estrarre l’informazione cosmologica derivata dalle onde gravitazionali primordiali, anche tramite l’uso di simulazioni e computazioni, con sviluppo di algoritmi e impiegando centri di supercalcolo.

Per fare ciò si utilizzano osservazioni da terra, cioè telescopi, e satelliti, come il satellite LiteBIRD, che verrà lanciato nel 2029 dal Giappone” precisa il Natoli.

ritratto Natoli

Paolo Natoli, professore ordinario di Fisica presso l’Università degli Studi di Ferrara

Per saperne di più

Le Università e centri di ricerca coinvolti nel progetto CMB-INFLATE sono: il Centre National de la Recherche Scientifique CNRS, Francia; Università degli Studi di Ferrara; Max Planck Gesellschaft Zur Forderung der Wissenschaften, Germania; Stockholms Universitet, Svezia; Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, Italia; Università degli Studi di Roma La Sapienza, Italia; Universitet I Oslo, Norvegia; Cardiff University, UK.

A cura di AGNESE ERIKA GORRONI, studentessa del Master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza di Unife