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Covid-19 | Studio Unife spiega il meccanismo che rende gli anziani più vulnerabili al virus

20/12/2021

Scienza, cultura e ricerca

Sarebbe l’attivazione più lenta e meno efficace del sistema immunitario a rendere gli over 65 più vulnerabili al virus pandemico. A dimostrarlo, individuando con precisione la causa biologica, uno studio recentemente pubblicato dalle Università di Ferrara e Bordeaux.

Sin dall’inizio della pandemia causata dal coronavirus, gli anziani sono stati la categoria più colpita, con il più alto tasso di mortalità e le manifestazioni più gravi della malattia, come la compromissione della funzionalità di cuore e polmoni e il conseguente ricovero nelle unità di terapia intensiva.

“Nel nostro studio abbiamo valutato la capacità del sistema immunitario di riconoscere il virus pandemico nei soggetti over 65, confrontandola con quella di gruppi di popolazione di età inferiore” spiega Francesco Nicoli, ricercatore del Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie di Unife e coordinatore dello studio insieme al Professor Riccardo Gavioli.

Linfociti T sotto la lente d’ingrandimento

Le ricercatrici e i ricercatori hanno studiato alcune cellule del sistema immunitario altamente specializzate nella difesa dell’organismo, chiamate linfociti T CD8+, che sono in grado di riconoscere le cellule infettate, aggredirle e neutralizzarle.

“È emerso che la risposta dei linfociti T CD8+ nei giovani, è più pronta, ampia ed efficace contro il virus, mentre risulta carente negli anziani” specifica Nicoli.

Per giungere a questo risultato, il team è partito da altre cellule del sistema immunitario dette “naive”, cioè i linfociti T “vergini", mai venuti a contatto con virus, batteri o altri elementi estranei al corpo, e che quindi devono specializzarsi per contrastare una minaccia sconosciuta come il coronavirus.

“Essendo SARS-CoV-2 un illustre sconosciuto per il sistema immunitario, chiunque vi entri in contatto per la prima volta dovrà iniziare a organizzare la risposta immunitaria proprio partendo dai linfociti T naive. Nell’anziano, i linfociti ‘naive’ specifici per il virus che causa Covid-19 sono pochi e probabilmente qualitativamente alterati” aggiunge il ricercatore, e continua:
La novità dello studio, dal punto di vista metodologico molto complesso, sta nell’aver osservato proprio questi linfociti, escludendo qualsiasi fattore confondente, per poter misurare le risposte solo in base all’età dei soggetti.”

Allenare il sistema immunitario coi vaccini 

“Dallo studio emerge che nell’anziano la risposta immunitaria è più bassa, ma può essere allenata tramite il vaccino e con le dosi di richiamo. È importante però capire che il vaccino non è uno scudo universale: il vaccinato non è esente dall’infezione e dalla patologia che ne consegue, e deve comunque considerarsi e agire come un soggetto a rischio, prestando attenzione” sottolinea Salvatore Pacifico, ricercatore del Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie di Unife, tra gli autori del lavoro.

Il meccanismo scoperto dai ricercatori ferraresi può quindi spiegare come mai negli anziani la durata della copertura offerta dal vaccino è più breve, e richieda le dosi successive di richiamo in modo da consentire al sistema immunitario di essere sempre pronto a fronteggiare la minaccia pandemica.

Prossimo step: Pfizer e Astrazeneca nelle diverse fasce d’età

I risultati dello studio sono la base per un nuovo progetto di ricerca dell’ Università di Ferrara coordinato dal Professor Riccardo Gavioli.

Le ricercatrici e i ricercatori ferraresi intendono approfondire la conoscenza delle risposte immunitarie indotte nelle diverse fasce di età dalla vaccinazione Pfizer e Astrazeneca. 

Il progetto è stato approvato dal comitato etico dell’Istituto L. Spallanzani e prevede l’arruolamento di 180 soggetti  nel periodo dicembre 2021-febbraio 2022.

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Alcuni delle autrici e degli autori del paper. In piedi, da sinistra: Beatrice Dallan, Antonella Caputo, Eleonora Gallerani
Seduti, da sinistra: Francesco Nicoli, Riccardo Gavioli, Davide Proietto

Per saperne di più

L’articolo originale Impaired Priming of SARS-CoV-2-Specific Naive CD8+ T Cells in Older Subjects è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology.

Gli autori dello studio sono Eleonora Gallerani, Davide Proietto, Beatrice Dallan, Marco Campagnaro, Salvatore Pacifico, Valentina Albanese, Erika Marzola, Peggy Marconi, Antonella Caputo, Victor Appay, Riccardo Gavioli and Francesco Nicoli.

La ricerca dell’ateneo estense conclude un progetto iniziato nel 2020 presso il Center for International Health della Ludwig Maximilian University di Monaco di Baviera.

Le analisi sono state realizzate con il contributo della Banca del sangue dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, grazie alla partecipazione di donatori appartenenti a diversi gruppi d’età mai venuti a contatto con il coronavirus né sottoposti a vaccinazione.