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Wasting Safety. People at work | La mostra fotografica degli alumni Unife su inclusione sociale e sicurezza sul lavoro

16/07/2021

Vita universitaria

Guanti, ma soprattutto mascherine. La pandemia ce li ha resi familiari, e tutti ora sappiamo cosa sono i Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.). Meno diffusa è invece la percezione delle implicazioni culturali che questi strumenti possono avere.

Indaga il rapporto tra D.P.I. e tradizioni la mostra virtuale Wasting Safety. People at work, nata da un’idea di Andrea Pradella, Arianna Montinaro e Andrea Miljevic, alumni del corso di laurea in Design del Prodotto Industriale di Unife, e di Luca Pradella, grande appassionato di fotografia. Lo scopo: sensibilizzare il web sulla sicurezza sul lavoro e sull’inclusione sociale.

Le protagoniste dell’esposizione sono le waste collectors di Ahmedabad Gujarat, in India. Si tratta delle lavoratrici occupate nella raccolta e nello smistamento dei rifiuti nelle discariche a cielo aperto. Per loro è stato progettato un kit ad hoc di D.P.I. “inclusivi”.

Grazie alla collaborazione con Laboratorio Aperto e, tra le tante istituzioni, con il patrocinio dell’Università di Ferrara, il 25 - 26 - 27 giugno 2021 il progetto virtuale (ancora visitabile online) è stato allestito all’Ex Teatro Verdi di Ferrara, dove è stato possibile osservare da vicino schizzi, prototipi di D.P.I. e foto raffiguranti la quotidianità delle discariche indiane.

Conosciamo più da vicino la mostra Wasting Safety dalle parole di Andrea Pradella.

 

L'inaugurazione della mostra il 25 giugno 2021 all'Ex Teatro Verdi di Ferrara.

L'inaugurazione della mostra il 25 giugno 2021 all'Ex Teatro Verdi di Ferrara.

Come nasce Wasting Safety?

Ho sviluppato il progetto durante un’esperienza in India con il Programma Atlante, che ho conosciuto tramite Unife. I sei mesi di studio al National Institute of Design di Ahmedabad, college internazionale in Gujarat, mi hanno permesso di fare ricerca sul campo, creare contatti e raccogliere la documentazione per concludere il progetto in Italia. In India è partita la collaborazione con l’ente Ahmedabad Municipal Corporation e con l’organizzazione a tutela delle waste collectors, Paryavaran Mitra. Insieme al collettivo, è nata l’idea di trasformare il mio lavoro di tesi in una mostra fotografica virtuale, che fosse quindi accessibile a chiunque e in qualunque parte del mondo.

In cosa è consistito il tuo lavoro di tesi?

Il lavoro si è concretizzato nel progetto di re-design del sistema municipale di smaltimento dei rifiuti e nell’introduzione di un kit di D.P.I. che rispettino le esigenze delle lavoratrici. Le protezioni esistenti si basano su contesti europei “standard” e non contemplano tradizioni e valori di culture diverse da quella occidentale.
È importante adottare un approccio inclusivo a livello sociale e culturale perché queste donne, vergognandosi del loro lavoro a stretto contatto con i rifiuti, scelgono di non indossare i D.P.I. che le identificherebbero come tali. Con una buona educazione sulla sicurezza e con i dispositivi adeguati, si svolge una vera e propria azione di tutela, utile a difendere, affermare, conquistare i diritti individuali e collettivi sul posto di lavoro.

A livello umano e professionale, com’è stato incontrare le persone che vediamo in foto?

Sul campo, mi sono confrontato con le lavoratrici. È fondamentale a livello progettuale avere un riscontro diretto con l’utente dell’output finale. Tutt’ora siamo in contatto con Paryavaran Mitra e in India sono tutti molto entusiasti della mostra. Il manager Ashish ci ha inviato alcuni oggetti prodotti dalle lavoratrici a partire dai rifiuti riciclati, per esporli durante l’evento fisico.

Per concludere, quale messaggio volete dare con questa mostra?

Vogliamo rendere visibili i problemi lavorativi dei Paesi in via di sviluppo e non così distanti dai Paesi occidentali “sviluppati”. Non è possibile non utilizzare D.P.I. o non avere ambienti lavorativi conformi alle dinamiche di lavoro. Vorremmo che la mostra fosse il punto di partenza verso un cambiamento che metta al centro la persona, allontanandosi dall’idea di adattare chi lavora al processo lavorativo. È il processo lavorativo che deve adattarsi alla persona.

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Notizia a cura di MARTA FABBRI, tirocinante dell'Ufficio Stampa e Comunicazione Istituzionale e digitale, e di ANTONELLA RUGGIERO, studentessa del Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara.