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Migliora la salute del Delta del Po

22/02/2018

Scienza, cultura e ricerca

Dal cielo, due grandi satelliti vegliano da decenni sulla salute del Delta del Po, fornendo notizie confortanti. Lo rivela lo studio internazionale condotto dal Prof.  Paolo Ciavola e dal Dr. Andrea Ninfo, del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell'Università di Ferrara, insieme al Prof. Paolo Billi dell’Università di Tottori in Giappone.

 

L'analisi dei dati raccolti in quasi 50 anni dai satelliti americani (Landsat), aggiornati con quelli più recenti dei satelliti Sentinel dell’Unione Europea, hanno evidenziato che il Po ha ripreso a portare sedimenti a mare, un segno positivo per la sopravvivenza del suo tratto finale. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports.

 

"Dal dopoguerra il Delta del Po ha sofferto di una progressiva diminuzione della quantità di sedimenti portati sino alle foci, in seguito a interventi sui bacini montani e prelievi di acqua - spiega Ciavola- . Nello stesso periodo,  il Delta è stato interessato da subsidenza generata da estrazione di fluidi dal sottosuolo. Ciò ha provocato cambiamenti nella sua morfologia e aumento delle zone soggette a inondabilità".

 

Racconta il Prof. Ciavola "Queste nuove osservazioni provano che una politica oculata di gestione del fiume su tutto il bacino, dalla fonte alla foce, è lo strumento migliore che abbiamo per aiutare il Grande Fiume".

 

"Sino ai tardi anni ‘70 si era arrivato addirittura a prelevare inerti dal letto del fiume, pratica ora vietata,  togliendo “aria respirabile” al Po. Il fiume si è trovato in affanno per decenni -prosegue Ciavola -. Nuove osservazioni hanno evidenziato che alla bocca principale del Delta si sono andate formando nuove secche emergenti sopra il livello del mare che rimangono anche dopo periodi di mareggiate, alimentando le spiagge vicine. Un segnale che lascia ben sperare".

 

"Questo non vuol dire che la vulnerabilità del Delta si sia azzerata: rimane un territorio esposto ad alluvione marina e fluviale e dovremo pianificare la risposta a lungo termine alle variazioni climatiche, considerando anche l’abbandono di territori troppo a rischio" conclude il Professore.

 

L'articolo del gruppo Nature Publishing è liberamente accessibile online all’indirizzo http://www.nature.com/articles/s41598-018-21928-3.