Evento

Anatomie della mente | 'Papa' Hemingway. Autobiografia nelle opere di Ernest Hemingway

Conferenze e dibattiti

Quarto appuntamento del ciclo Anatomie della mente - Conferenze dei Giovedì di Psicologia - Anno XIV, a cura del Prof. Stefano Caracciolo, Ordinario di Psicologia Clinica dell'Università di Ferrara. 

L'iniziativa è realizzata in collaborazione con la Sezione di Neurologia, Psichiatria e Psicologia Clinica della Facoltà di Medicina, Farmacia e Prevenzione di Unife.

Anatomie della mente, il più longevo ciclo di incontri della Biblioteca Ariostea, anche quest’anno si propone di esplorare paesaggi straordinari come la storia, la follia, la musica, la malattia, l’anima, il cinema, la poesia, la morte e la vita attraverso la lente della Psicologia, moderno strumento di lettura di una società sempre più indecifrabile. Quattro nuove tappe di un percorso di viaggio colmo di psicologia e di altre storie.

Programma

'Papa' Hemingway. Autobiografia nelle opere di Ernest Hemingway

Relatore: Prof. Stefano Caracciolo

Abstract

"Una mattina di aprile del 1961 la moglie Mary aveva trovato lo scrittore Ernest Hemingway con un fucile in mano e due pallottole sul davanzale della finestra. Era riuscita a distrarlo fino all’arrivo del suo medico di fiducia e lo avevano persuaso ad andare al vicino Ospedale di Sun Valley, Idaho (USA) a prendere un sedativo in attesa di essere nuovamente ricoverato alla Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota, dove già era stato ricoverato alcuni mesi prima. Quando poi lo avevano riportato a casa per partire, Hemingway era riuscito a passare dalla cucina, aveva attraversato il soggiorno per andare alla rastrelliera dei suoi fucili da caccia e era riuscito di nuovo a prendere un fucile, a infilare due cartucce e a puntarsi l’arma alla gola. Gli avevano strappato il fucile di mano e il medico lo aveva riportato all’ospedale di zona, e due giorni dopo avevano preso un aereo per Rochester, ma, appena atterrati, Hemingway aveva visto un altro aereo che atterrava e aveva cercato di buttarsi sotto le eliche. Alla Clinica Mayo di Rochester poi fu sottoposto ad una nuova serie di elettroshock, come già l’anno precedente, e quando Hemingway convinse i dottori che poteva essere dimesso, il 30 giugno, fece ritorno a casa. Il sabato 1 luglio alla sera, mentre Hemingway si lavava i denti, Mary si era ricordata la canzone italiana che la sua amica, Fernanda Pivano, gli aveva insegnato anni prima a Cortina d’Ampezzo, “Tutti mi chiamano bionda – ma bionda io non sono” e l’aveva cantata al marito che si era unito al suo canto. Poi si era messo il pigiama blu e aveva spento la luce accanto al letto. Il 2 luglio si era alzato presto, come sempre, era una mattina d’estate luminosa e serena. Si era messo la vestaglia che lui chiamava ‘la vestaglia rossa da imperatore’ ed era sceso senza rumore per le scale, i passi attutiti dalla moquette. I fucili erano chiusi a chiave in cantina, ma lui sapeva che le chiavi erano in cucina, era sceso in punta di piedi in cantina e aveva scelto un fucile a doppia canna, intarsiato in argento, che per anni aveva usato per la caccia. Aveva preso qualche cartuccia dalla scatola, aveva chiuso a chiave la porta e, salite le scale, aveva attraversato il soggiorno fino al caminetto, aveva inserito le due cartucce, aveva posato il fondo del fucile sul pavimento, si era chinato in avanti e premendo le canne del fucile contro la fronte aveva premuto il grilletto. Finiva così, a poco più di 60 anni di età, la vita di uno dei più grandi scrittori del’900, famoso in tutto il mondo, Premio Nobel per la Letteratura nel 1954, vincitore del Premio Pulitzer, autore di racconti e romanzi tradotti in tutte le lingue e narratore di storie epiche e feroci che hanno attraversato il secolo XX°, ambientate, quasi sempre in chiave autobiografica, in Spagna, in Italia, in Africa, a Cuba, negli USA dove era nato e cresciuto. Era da tempo malato, nel fisico e nel morale, non riusciva più a scrivere, in preda a gravi sintomi quasi deliranti, a metà fra ossessione e paranoia, ma non avrebbe senso trattare come un caso clinico la sofferenza di un uomo ferito a morte. Guardare la morte dritto in faccia. Come in uno dei suoi racconti autobiografici di gioventù, come nelle sue lettere in cui descrive gli effetti dirompenti dei bombardamenti sui corpi di soldati, come nelle crude descrizioni del rito feroce e sublime della corrida in ‘Morte nel pomeriggio’, come nel Grande Pesce catturato e poi divorato dagli squali in  ‘Il Vecchio e il Mare’, la morte è protagonista indiscussa e dilagante delle sue storie. La vita di Hemingway, e di conseguenza la sua opera letteraria, solo a tratti giornalistica da ‘inviato speciale’, è un continuo gioco di sfida con la morte: la morte degli altri, quella degli animali, la sua morte con cui scherza fino alla fine, quando ormai il gioco era diventato molto, troppo serio".

Prof. Stefano Caracciolo

Come partecipare

Fino al termine della situazione emergenziale tutti gli incontri si svolgeranno in diretta video nell’orario indicato sul canale Youtube della Biblioteca Comunale Ariostea al seguente link.

Materiali utili

Programma

Locandina