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Rolando Orlando Strati | A Palazzo Turchi di Bagno la mostra del doppio ciclo di opere dell’artista

09/09/2022

Vita universitaria

Rolando Orlando Strati | A Palazzo Turchi di Bagno la mostra del doppio ciclo di opere dell’artista
Una delle opere di Strati esposte in mostra

Il Salone delle Mostre Temporanee di Palazzo Turchi di Bagno, sede del Sistema Museale di Ateneo (SMA), ospita dal 14 settembre giorno dell'inaugurazione, la mostra di Rolando (Orlando) Strati, visitabile fino al 9 ottobre, tutti i giorni dalle 10 alle 18.

Nativo di Roma, bolognese di adozione, con lunghi trascorsi tra Trento e la Garfagnana dove oggi vive per alcuni periodi dell’anno, l’artista presenta un doppio ciclo di opere datate tra il 1970-1980 e il 2020-2022.

La mostra

Circa trenta opere tra dipinti, tecniche miste e disegni di grande rigore e di non comune coerenza compongono il percorso espositivo che “l’allestimento, appositamente studiato, – nota Ursula Thun Hohenstein, Presidente dello SMA – contribuisce a valorizzare”.

Una scelta meditata di Strati che ha proposto due archi di tempo del suo lavoro, ossia quello di un decennio molto intenso, quando nel pieno degli anni Settanta maturava, contemporaneamente agli studi di sociologia, il proprio linguaggio artistico indirizzato verso scelte analitiche e concettuali e la parte delle ricerche più attuali.

«Una ricerca versata – scrive nel testo al catalogo Ada Patrizia Fiorillo, docente di Storia dell’arte contemporanea di Unife – a una progettazione che, attingendo al campo della geometria (il cerchio privilegiatamente come misura agibile nella sua curvatura), lo porta a lavorare sul segno-forma e sulle possibili varianti dettate dalla molteplicità di combinazioni che le figure ammettono. […] Opere i cui titoli, di consistente lunghezza, sono di fatto indicativi del suo modo di procedere per verifiche di nessi logico-formali, per i quali risulta funzionale l’uso del disegno. Come a dire che ci si trova difronte a possibili modelli di sviluppo per oggetti ipotetici ma che trovino anche concretamente posto nello spazio».

Quello di Strati è un linguaggio visivo che sperimenta tanto la bidimensionalità, quanto lo sconfinamento verso volumi plastici, prossimi alla scultura, per i quali sperimenta l’uso di un materiale come l’acciaio inox modellato sia per sottili fogli, sia per filamenti che, nell’uno e nell’altro caso, convogliano verso strutture dinamiche e armoniche.

Una cifra che tiene insieme l’aspetto razionale, ma anche poetico ben messo in luce, ancora in catalogo, da Bruno D’Amore, Ph.D. in Mathematics Education University of Nitra (Slovakia) e Ph.D. ad Honorem University of Cyprus, che sottolinea come fin dagli anni Settanta «ma ancora più oggi, la più matura, la più disinvolta, la più consapevole pratica pittorica di Strati gli permette di giocare, con chi guarda la sua opera, a nascondino fra linguaggio e forma, fra evoluzione e staticità, obbligando l’osservatore ad assecondare la sua espressione figurale che non esito a chiamare linguistica, quei segni che percorrono la tela, non solo nello spazio, ma anche nel tempo, rappresentano significazioni evolutive sia nella sua dimensione geometrica sia nello sviluppo temporale. […] Le sue opere proposte come fossero tavole di geometria, con misure lineari e angolari, che richiamano regole geometriche di tipo formale, sono il suo modo di ancorare quelle sue scritture, che sembrano solo astratti segni simbolici, all’evoluzione formale scientifica, com’è nella sua natura di artista che sa guardare nello stesso tempo al segno e alla struttura segnica, al particolare e al generale».

L’artista

Rolando (Orlando) Strati (Roma 1949). Laureato in Sociologia all’Università di Trento nel 1981 con la tesi “La fotografia come riflessione. Uso storico sociale e uso critico-artistico” sulla natura della fotografia, i suoi usi sociali e/o istituzionali, fonte documentaria e strumento conoscitivo di rilievo storico-scientifico. Durante i primi anni all’Università (1968/1970) inizia il suo interesse per l’arte. Visita i più importanti musei delle capitali europee recependo le tematiche e le pratiche più attuali attraverso il Centro di Contatto di Trento “Tra Rivolta e Rivoluzione”. Nel 1970 inizia un’attività di ricerca artistica sperimentale sulla comunicazione visiva esponendo in Italia e all’estero. Dopo dieci anni, alla fine del 1980, con l’allestimento di spettacoli e performance per nastro magnetico, musica ed immagini multimediali al Teatro del Falcone di Genova e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, sospende questa fase di ricerca. Pubblicazioni relative a questa attività si trovano in Forme n°64; Les arts n°4; Gala International n°77; Maison Vogue n°57; Ammeublement des intérieurs n°263. Dagli anni Ottanta diventa fotografo professionista progettando e realizzando la ricerca di Archeologia industriale e geografia storica “Architetture del Lavoro dal Serchio al Reno” e lavorando nell’ambito della rilevazione dei beni culturali collaborando con il Prof. Andrea Emiliani e Lucio Gambi per l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia Romagna alla ricerca “Manutenzione e Sostituzione. L’artigianato i suoi modelli culturali, la città storica” (Clueb 1983). Nel 1987 pubblica la rilevazione fotografica del palazzo storico e del giardino adiacente de “La Villa Borbone” (Dedalus 1987). Nello stesso anno in seguito del superamento di concorso a cattedra MPI, diventa docente di Sociologia del Turismo- Economia e Organizzazione aziendale. Nel 1990 per la CADIAI di Bologna ha realizzato a Palazzo Re Enzo di Bologna la Mostra “S.Isaia-Oltre il ’90” visualizzando con immagini fotografiche la de-istituzionalizzazione post-basagliana dell’handicap psichiatrico e partecipando al contestuale Convegno con la Relazione “La Fotografia come metodo nella integrazione sociale dell’Handicap mentale”. Dal 2006 al 2011 svolge un Dottorato di Ricerca all'Università di Genova con il Prof. Massimo Quaini, in Geografia Storica per la Valorizzazione del Patrimonio Storico-Ambientale. Titolo della tesi: “Mappe per la percezione del paesaggio storico in Alta Versilia” nel cui ambito è stato pubblicato, nel 2009, “Una storia scritta nel marmo e nell’acqua”, in Rapporto annuale 2009 - Società Geografica Italiana: “I paesaggi italiani. Fra nostalgia e trasformazione” (a cura di Massimo Quaini, Genova 2009, e Verso gli Osservatori Liguri del Paesaggio. Una campagna di fotografia ripetuta nel sito Unesco-Cinque Terre, Portovenere e le Isole” (in Rivista Geografica Italiana, settembre 2011). Nel 2012 per L’IGM Istituto-Geografico-Militare sulla Rivista l’Universo (Firenze Anno XCII n°5) pubblica il saggio di note metodologiche “La Fotografia ripetuta come guida per la costruzione di un osservatorio del paesaggio”. Dal 2020 torna a dipingere rinnovando suo interesse per il linguaggio visuale di carattere analitico e concettuale. Per informazioni: sistema.museale@unife.it

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