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Astrofisica | Ecco come erano i primi stadi di evoluzione dell’Universo

27/10/2022

Scienza, cultura e ricerca

Astrofisica | Ecco come erano i primi stadi di evoluzione dell’Universo

La ricetta per sviluppare un metodo numerico che sia in grado di simulare al computer uno stato estremo della materia, cioè quello di plasma di quark-gluoni, è stata realizzata da una collaborazione internazionale che ha coinvolto l’Università di Ferrara, l’Istituto Italiano di Tecnologia, l’Università Tecnica di Eindhoven, nei Paesi Bassi, e l’Università dell’Ovest di Timișoara, in Romania. 

Il plasma di quark-gluoni rappresenta uno dei primi stadi di evoluzione dell’Universo dopo il Big Bang, in particolare ad un micro-secondo dalla “grande esplosione”, cioè dopo l’epoca detta “inflazione cosmica”.

Lo studio guidato dal Professor Raffaele Tripiccione del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra di Unife, recentemente scomparso, è stato da poco pubblicato su Nature Computational Science.

“A quel tempo, le temperature erano troppo alte perché gli elettroni ed i nuclei atomici, ed ancor più i quark all’interno di protoni e neutroni, riuscissero a rimanere legati. In questo frangente buona parte della materia ordinaria dell’Universo esisteva sotto forma di quark e di gluoni, che mediano le interazioni tra i quark.” ha spiegato a 30Science.com Daniele Simeoni, dottorando dell’Università degli Studi di Ferrara, autore e referente dello studio. 

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Daniele Simeoni, dottorato presso STIMULATE European Joint Doctorate, Unife.

La teoria cinetica relativistica è onnipresente in diversi campi della fisica moderna, trovando applicazione su larga scala in sistemi in contesti astrofisici, fino alle scale subnucleari e nel regno dei plasmi di quark-gluoni. Ciò motiva la ricerca di metodi computazionali potenti ed efficienti in grado di studiare accuratamente la dinamica dei fluidi nel regime relativistico, nonché la transizione oltre l’idrodinamica, in linea di principio fino ai regimi balistici.

“Queste condizioni estreme possono essere riprodotte nei grandi esperimenti di Fisica delle Particelle come LHC (Large Hadron Collider), al CERN di Ginevra, e RHIC (Relativistic Heavy Ion Collider), negli Stati Uniti, in cui fasci di ioni pesanti vengono accelerati ad altissime energie e poi fatti collidere gli uni con gli altri”, ha continuato Simeoni. “Il prodotto di questi scontri è questa “zuppa” di quark e gluoni, che si muovono ad altissime velocità – velocità a cui è necessario adottare le leggi della Relatività Speciale di Einstein – e si trovano ad altissime temperature – nell’ordine dei milioni di miliardi di gradi Celsius – che potrebbe rivelarci di più su cosa è successo in quei cruciali istanti dopo il Big Bang e farci capire in maniera più approfondita le leggi che spiegano il comportamento delle più piccole particelle costituenti il nostro Universo.”

“Le grosse esperienze di Fisica Sperimentale come quelle che avvengono ad LHC sono però costose, implicano misure molto complicate e richiedono il ricorso a strumenti di altissima precisione”, ha affermato Simeoni, dottorato presso la STIMULATE European Joint Doctorates. “È pertanto necessario che il design di tali esperimenti sia guidato da una fase di ‘schematizzazione’ al computer che consenta di tagliare i costi e il dispendio delle risorse. Di pari passo, nella fisica moderna la simulazione computazionale – la realizzazione di modelli di calcolo che possano essere girati su un computer e che siano in grado di prevedere o approssimare il comportamento dei sistemi fisici nella realtà – è di fatto diventata il terzo pilastro della ricerca, insieme alla fisica teorica e quella sperimentale, e ad oggi costituisce un modo assolutamente essenziale per far avanzare il fronte della conoscenza scientifica.”

“Nel nostro articolo su Nature Computational Science mostriamo come un metodo di simulazione al computer, il Metodo Relativistico di Boltzmann su Reticolo (Relativistic Lattice Boltzmann Methods – RLBM), inizialmente concepito per la simulazione di fluidi relativistici – (come i sistemi che si possono trovare all’interno delle stelle, o i gas di elettroni nei wafer di grafene – possa essere adattato per seguire l’evoluzione del plasma di quark gluoni anche ben dopo la sua formazione, quando una descrizione idrodinamica, alla base del metodo numerico, perde via via di significato”, ha dichiarato Simeoni. “Inoltre nell’articolo presentiamo una serie di esperimenti numerici che mostrano in maniera convincente che l’adattamento di tale metodo sia di fatto possibile, spieghiamo nel dettaglio come costruire algoritmicamente lo schema numerico, illustriamo dettagli sulle performance previste per simulazioni realistiche, che rendono il metodo da noi descritto una proposta nuova e competitiva nel settore della simulazione di questi stati estremi della materia.” (30Science.com)

Da comunicato stampa di 30science.com