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Resilienza e Ospedali di Comunità | Intervista alle dottoresse premiate Carlotta Oberosler e Laura Sacchetti

29/07/2022

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Resilienza e Ospedali di Comunità | Intervista alle dottoresse premiate Carlotta Oberosler e Laura Sacchetti
Nella foto sono presenti da sinistra Laura Sacchetti e Carlotta Oberosler

Progettare Ospedali di Comunità "resilienti" all'impatto di situazione di emergenza, come quella ancora in parte in corso. Non è solo una priorità per il PNRR, che prevede la realizzazione di 381 Ospedali di Comunità entro il 2026. 

È anche il cuore del volume “Architetture resilienti per la sanità territoriale”, risultato della tesi di laurea in Architettura discussa delle Dottoresse Carlotta Oberosler e Laura Sacchetti, laureate a Unife lo scorso anno. Si tratta di un testo che ne traccia le linee guida, frutto di grande impegno e lavoro, che ha ottenuto oltre alla lode una menzione speciale e dignità di stampa. La "dignità di stampa" si è concretizzata nell'interesse di un editore prestigioso che ne ha fatto un volume di grande attualità. 

Abbiamo deciso quindi di intervistare le autrici del volume per porre loro qualche domanda in merito all’importante lavoro svolto.

Complimenti innanzitutto per la Laurea! Vi ringraziamo per aver accettato il nostro invito. Raccontateci un po’ di voi e di cosa vi occupate attualmente.

Laura: Al momento sto frequentando il primo anno di IDAUP - Dottorato Internazionale Architettura & Pianificazione Urbana dell’Università di Ferrara. La mia ricerca dottorale sta ora seguendo lo stesso percorso del lavoro eseguito con la tesi.

Carlotta: Mi sono laureata con Laura un anno fa in architettura. In questi mesi ho deciso di abbandonare un po’ il percorso accademico e di dedicarmi a quello professionale: attualmente sto lavorando a Bologna.

 Su cosa verte la vostra tesi? E che cosa vi ha spinto a scegliere questo argomento? 

Carlotta: Il tema della tesi riguarda l’Ospedale di Comunità visto in una chiave architettonica. Si è trattato di capire come progettare questo tipo di ospedale. In particolare abbiamo voluto concentrarci sul mettere a punto un modello progettuale che fosse in un qualche modo resiliente, ovvero che avesse la capacità di rispondere a situazioni emergenziali in modo efficace.
Dagli spunti dati dalla crisi sanitaria avvenuta negli ultimi anni abbiamo quindi provato a trovare possibili risposte e strategie che potessero in qualche modo contribuire a migliorare la situazione.

Laura: Abbiamo iniziato a lavorare alla tesi a fine 2020. Ci siamo avvicinate al tema perché abbiamo deciso di non rimanere indifferenti di fronte alla crisi pandemica.
Durante il laboratorio di sintesi di tecnologia dell'architettura, da noi scelto all’ultimo anno di corso, abbiamo intrapreso il percorso sulle strutture sanitarie, in particolare poi la scelta è ricaduta sull’Ospedale di Comunità.
Ci interessava particolarmente questa tematica perché non esistevano ancora molti studi a riguardo e ci sembrava necessario approfondire l’argomento.
Abbiamo poi suddiviso la tesi in due macro aree, ovvero la parte di ricerca e la parte di progetto, dove abbiamo applicato il metodo realizzato. La parte di ricerca, che è stata pubblicata, ha fornito la base scientifica del nostro lavoro, mentre la parte del progetto è servita come esercizio pratico della tesi che ha validato il metodo ideato.

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In foto il volume pubblicato risultato della tesi 

Che cosa si intende con Ospedale di Comunità?

Laura: L'Ospedale di Comunità è una struttura di ricovero a degenza breve. Non è un ospedale, è una struttura sanitaria territoriale di prossimità che agisce su scala locale territoriale. È un presidio di piccole dimensioni e viene dedicato alle cure intermedie.

Carlotta: Funge da anello di collegamento tra la realtà del grande ospedale, che prevede servizi di assistenza ad alta intensità di cura e l’anello più piccolo della catena sanitaria, le cure domiciliari.
Questo tipo di struttura si pone quindi esattamente a metà tra questi due poli opposti e lavora sul territorio cercando di offrire supporto concreto alle comunità locali.
Alcune attività che svolge sono il fornire percorsi di assistenza e riabilitazione, soprattutto per pazienti non particolarmente acuti che nelle proprie abitazioni non avrebbero le condizioni adeguate per poter avere il giusto livello di assistenza supporto.

Com'è stato il vostro percorso per realizzare la vostra tesi? è stato complesso? 

Carlotta:  Sicuramente è stato un percorso nuovo perché in 5 anni di architettura non ho mai sperimentato la ricerca vera e propria. Solitamente gli esami di progettazione riguardano la scelta di un luogo e il successivo sviluppo di un progetto specifico che fa tesoro degli stimoli locali e delle realtà in cui andrà a collocarsi.
Per noi invece la sfida è  stata quella di cercare di interrogarsi su una scala molto più astratta, ma che non fosse vuota di contenuto, e di riuscire a trovare quel bilanciamento tra il dare un’indicazione specifica e utile per e l’evitare di creare una gabbia troppo vincolante per la progettazione.
Abbiamo avuto in questo un grande supporto da parte del Professore Roberto Di Giulio, del Professore Fabio Conato e della Professoressa Valentina Frighi.
Oltre a ciò siamo riuscite a interfacciarci anche con i tecnici delle ASL dell’Emilia-Romagna, i quali ci hanno fornito molto materiale grezzo su cui lavorare. 

Laura: Una problematicità che abbiamo riscontrato durante il percorso è legata alla mancanza di letteratura e studi riguardanti questa tipologia di struttura.
Non avendo molto materiale a disposizione dal quale poter partire è stato difficoltoso approcciarsi al lavoro inizialmente.
Per questo motivo ci siamo concentrate in una prima fase dove abbiamo analizzato la normativa esistente, la quale risale solamente agli inizi del 2020, e una seconda fase di analisi di 10 casi studio realizzati in Emilia Romagna, dai quali abbiamo compreso com’è, secondo la prassi corrente, un ospedale di comunità.
Successivamente abbiamo poi pensato sul come migliorare questo modello esistente inserendo la nostra componente di resilienza e rivedendo in parte gli obiettivi di questa tipologia di struttura sanitaria.
Concordo pienamente sul fatto che i professori ci abbiano molto aiutate e guidate nel definire delle linee guida che non imponessero un canone architettonico, ma che fornissero piuttosto un metodo di progettazione utile.

Pensavate che la vostra tesi potesse raggiungere un tale riscontro positivo?

Laura: All'inizio non sapevamo che il tema trattato avrebbe assunto tale rilevanza.
Non era uscito ancora il PNRR, quindi non sapevamo che la sanità territoriale avrebbe effettivamente assunto molta importanza a livello nazionale. Oggi ci sono 381 Ospedali di Comunità  che verranno realizzati assieme a una serie di altre strutture territoriali con i fondi del PNRR per oltre 7 miliardi di euro. 

Carlotta: No, infatti. La conferma di questa notizia ci è arrivata solamente a fine giugno quando il testo del PNRR è stato pubblicato. Qui sono state citate tre tipologie di strutture sanitarie a cui attribuire i fondi, di cui una, appunto, era l’Ospedale di Comunità.

Siete soddisfatte del vostro percorso di studi svolto all’Università degli Studi di Ferrara?

Carlotta: Ad un anno dal conseguimento della laurea posso affermare che il mio bilancio è più che positivo.
Sono sinceramente contenta dei 5 anni fatti qui a Ferrara, in particolare al Dipartimento di Architettura.
Nonostante si tratti di una realtà piccola, che molti possono vedere come difetto,  per me risulta essere un grande pregio e fonte di occasioni. Durante il nostro percorso siamo stati molto seguiti, ciò ci ha permesso di essere efficienti.

Laura: Unife ci ha dato la possibilità di vedere la nostra fatica e impegno di un anno premiati grazie alla pubblicazione di un libro che adesso hanno in mano i professionisti del settore.
Questo, al di là del riconoscimento conferito di dignità di stampa e pubblicazione, è uno strumento pratico fonte di molteplici opportunità, nonché un modo per far conoscere il nostro lavoro al di fuori del nostro dipartimento, nei settori sia sanitario che universitario.
Grazie infatti alla tesi svolta ho avuto la possibilità inoltre di entrare nel dottorato e di continuare a lavorare in questo ambito.  Ringrazio per il supporto avuto dai nostri professori e dalla grande opportunità che il nostro relatore di tesi, il Professore Roberto Di Giulio, ci ha dato e per la quale saremo molto grate.

Vorreste aggiungere qualcos’altro?

Laura: mi piacerebbe sottolineare che per me lavorare assieme ad un'altra persona durante il percorso di tesi è stato fondamentale e un valore aggiunto. Abbiamo raggiunto risultati importanti e lavorato in modo molto più approfondito. Da sole non saremmo mai riuscite ad affrontare la mole di lavoro eseguita. È stata un’occasione per scambiarsi idee e conoscenze e quindi ringrazio di aver avuto anche questa possibilità. 

Carlotta: Lavorando assieme ci siamo poste molte più domande abbiamo trovato molte più risposte, siamo state capaci di metterci l’una nei panni dell’altra.  È stato uno stimolo continuo che ci ha permesso di essere molto più efficaci. Sicuramente Unife ci ha permesso, anche a livello umano, di fare incontri molto importanti che porteremo avanti per tutta la vita.

Per saperne di più:

 

Intervista a cura di Elena Mori, tirocinante dell'Ufficio Stampa, Comunicazione Istituzionale e Digitale.

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