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Covid-19 | Esitazione vaccinale e comunicazione pubblica. Lo studio di Unife e Unipd sulle intenzioni degli italiani

25/01/2021

Scienza, cultura e ricerca

Da qualche settimana in Italia è iniziata la campagna vaccinale per il Covid-19. Questa prima fase è indirizzata alle categorie più a rischio, a partire dagli operatori sanitari. Per contrastare efficacemente la diffusione della malattia, però, è necessario che ciascuna/o si sottoponga al vaccino. 

La sfida, quando le dosi saranno disponibili, sarà dunque incoraggiare il più possibile le persone a vaccinarsi, e in questo senso la comunicazione pubblica può incidere sulla risposta all’epidemia da parte della popolazione.

Lo studio

L’argomento è al centro di uno studio di Psicologia realizzato da un team di ricerca del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell'Università di Padova e del Dipartimento di Studi umanistici dell'Università di Ferrara.

Nel valutare l'accettazione del vaccino in Italia, lo studio ha preso in considerazioni diversi fattori. Ai partecipanti sono state poste tre domande: quanto ritiene grave il Covid-19? Quanto ritiene probabile che lei sia contagiato? Quanto è spaventato dal Covid-19? Le risposte a queste tre domande sono state combinate con una procedura statistica di analisi fattoriale in un unico indice di “rischio percepito”. I risultati sull'intenzione a vaccinarsi e sull'esitazione sono stati messi in relazione con questo indice di rischio percepito. 

Sono state coinvolte 2.267 persone (69,9% femmine, età media 38,1 anni) nell’arco temporale compreso tra febbraio e fine giugno del 2020, permettendo di analizzare la posizione degli intervistati prima, durante e dopo il primo lockdown.

foto ritratto di Alessandra Tasso

Alessandra Tasso, co-autrice dello studio e ricercatrice di Psicologia Generale a Unife

Esitazione vaccinale, tra passato e presente

“L'esitazione vaccinale, definita in psicologia come il rifiuto o la difficoltà ad accettare le vaccinazioni nonostante la disponibilità delle stesse, è stata indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come una delle dieci gravi minacce alla salute globale (OMS, 2019)” spiega Alessandra Tasso, ricercatrice di Psicologia Generale a Unife e co-autrice dello studio.

Secondo l’OMS, l’esitazione vaccinale potrebbe comportare una bassa diffusione delle vaccinazioni per infezioni ad alto rischio, come il Covid-19, e minare in questo modo gli sforzi per raggiungere l’immunità di gregge. 

“In passato il fenomeno è stato studiato in relazione alla vaccinazione anti-influenzale, a quella contro l’epidemia di N1H1 nel 2009 e alle vaccinazioni pediatriche, cioè come esitazione da parte dei genitori nel far vaccinare i propri figli.
Oggi la pandemia ha permesso di studiare l'esitazione vaccinale negli adulti, e in riferimento a una malattia nuova, sconosciuta anche agli esperti, grave e potenzialmente letale, dall'andamento incerto, e, soprattutto, presente in tutto il mondo, quindi psicologicamente vicina” continua Alessandra Tasso.

Prevalgono i dubbi, ma l'esitazione si riduce se aumenta la percezione del rischio. I risultati dello studio

“Il 40% del campione considerato ha espresso l’intenzione di accettare un vaccino contro Covid-19 senza alcuna esitazione, mentre il 60% ha espresso un grado di esitazione variabile” spiega Marta Caserotti, ricercatrice del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione all’Università di Padova e prima autrice dello studio, che continua:
“È emerso che durante la fase del lockdown, associata a una maggiore percezione del rischio di Covid-19, le persone erano più intenzionate a vaccinarsi contro la malattia. Anche tra i più esitanti, la percentuale di persone determinate a vaccinarsi è aumentata durante la fase di chiusura totale, per poi invece tornare a valori molto bassi nella fase di riapertura”.

Un altro elemento preso in analisi nella ricerca è la vaccinazione contro l’influenza. Lo studio ha dimostrato che essersi vaccinati contro questa malattia nella precedente stagione influenzale (2019) ha aumentato le probabilità di accettare senza esitazione il vaccino contro il Covid-19 di circa tre volte. Tra chi è esitante, essersi vaccinati contro l’influenza nella precedente stagione influenzale riduce il livello di esitazione di circa il 35%.

“Per la probabilità percepita di essere contagiati, il Covid-19 assomiglia molto all’influenza in tutte le tre fasi. Ma per la gravità percepita, se prima del lockdown era di poco superiore all’influenza, durante e dopo il lockdown i giudizi si avvicinano molto a quelli dell’Ebola. Già prima del lockdown la paura del Covid-19 è invece simile a quella dell’Ebola ed è maggiore di quella per l’influenza, ma poi aumenta molto durante il lockdown e si riduce solo leggermente dopo il lockdown, risultati in linea con la letteratura sul ruolo di fattori emozionali nella percezione del rischio” sottolinea Marta Caserotti.

Infine, i risultati dello studio mostrano che il livello di accettazione del vaccino è molto influenzato dai dubbi generali nei riguardi dei vaccini, che ne diminuiscono l’accettazione. 

Impostare la corretta strategia di comunicazione: comprendere le motivazioni, prevenire la disinformazione

Teresa Gavaruzzi, docente del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e co-autrice dello studio, osserva che i timori legati ai vaccini affondano le proprie radici già nella fine dell’Ottocento: sono profondi, vanno oltre le caratteristiche tecnico-scientifiche dei vaccini sviluppati oggi contro il Covid-19.

“Le incertezze delle persone rappresentano un motivo di preoccupazione. A mio avviso, discreditarle non è il modo migliore per affrontare la situazione. Ne può sorgere, infatti, una polarizzazione che diventa negativa” spiega Teresa Gavaruzzi.

Secondo la docente, oltre a smentire fake news già diffuse, è fondamentale fare in modo che le persone riescano a distinguerle tra le molte informazioni che circolano, evitando che si diffondano e si radichino.  

“Questo si può ottenere esercitando il pensiero critico, allo stesso modo in cui i vaccini esercitano il nostro sistema immunitario. Facendo degli ‘esercizi’ per capire quali sono le tecniche utilizzate da chi diffonde la disinformazione intenzionalmente: se le strategie usate da queste persone sono note, è più facile per l’utente difendersi” aggiunge la docente.

Un altro punto importante emerso dallo studio e su cui lavorare è quello della percezione del rischio:

“Il fatto che l'aumento della percezione del rischio del Covid-19 riduca l'esitazione, ci fa sperare che le persone esitanti siano “recuperabili”, almeno in parte” spiega la dottoressa Alessandra Tasso.
“Abbiamo già avviato un secondo studio in cui mettiamo in relazione a caratteristiche individuali delle persone, come la competenza emotiva o la tendenza al complottismo, con le diverse motivazioni ad accettare il vaccino Covid-19: proteggo me e la mia famiglia, contribuisco alla salute della collettività, contribuisco al ritorno alla normalità. 
In questo modo cercheremo di capire come potrebbe essere "confezionata" la comunicazione per promuovere la vaccinazione, sulla base delle motivazioni, dell'età, e di alcuni tratti di personalità” conclude la dottoressa Alessandra Tasso.

Per saperne di più

Lo studio è stato pubblicato il 7 gennaio 2021 sulla rivista Social Science & Medicine con il titolo originale "Associations of COVID-19 risk perception with vaccine hesitancy over time for Italian residents"

Insieme alla ricercatrice Unife Alessandra Tasso hanno partecipato allo studio Marta Caserotti, Paolo Girardi, Enrico Rubaltelli, Lorella Lotto e Teresa Gavaruzzi dell’Università di Padova.

Per approfondire: Vaccini Covid-19: percezione del rischio, esitazione vaccinale e comunicazione pubblica

A cura di Chiara Fazio