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Malattie rare | Lo studio Unife sul “taglia e cuci” genetico per curare la sindrome di Shwachman-Diamond

15/10/2020

Scienza, cultura e ricerca

Colpire il giusto bersaglio molecolare e personalizzare la terapia per ogni paziente. Come per altre malattie rare, anche per la sindrome di Shwachman-Diamond il “taglia e cuci” genetico - lo stesso metodo per cui è stato recentemente assegnato il premio Nobel per la Chimica - è una speranza concreta.

Attualmente infatti l’unica cura disponibile per questa grave malattia ereditaria, caratterizzata da insufficienze d’organo multiple e dal rischio di sviluppare leucemia mieloide acuta, è il trapianto di midollo.

All’Università di Ferrara il team di ricerca guidato dalla dottoressa Alessia Finotti ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie sta lavorando per identificare i giusti bersagli genetici nelle persone affette.

 “Identificare le alterazioni da correggere è il primo passo per arrivare a sviluppare protocolli combinati per una futura terapia personalizzata” chiarisce la dottoressa Finotti.

Lo studio Unife intende valutare i livelli di espressione di alcuni microRNA, una classe di piccole molecole che svolgono un ruolo regolatorio in diversi processi biologici, confrontandoli con quelli di persone non affette. 

“Il nostro obiettivo è indurre l’aumento della proteina SBDS, deficitaria nelle persone colpite dalla sindrome di Shwachman-Diamond, attraverso la regolazione dei microRNA. Questa operazione potrebbe risultare vincente se combinata con altre strategie d'avanguardia" aggiunge Alessia Finotti. 

E a proposito della sinergia tra diverse strategie la dottoressa approfondisce "Mi riferisco a due tecnologie recentissime. La prima è l’editing genomico mediante CRISPR/Cas9, tecnologia per cui la biochimica francese Emmanuelle Charpentier e la chimica americana Jennifer A. Doudna hanno ricevuto in questi giorni il premio Nobel per la Chimica.  La seconda strategia è la somministrazione di molecole correttive ad attività readthrough, con cui potenziare l’efficacia terapeutica". 

Il materiale biologico analizzato nell'ambito del progetto, che consiste in campioni di plasma e cellule staminali dei pazienti da cui saranno estratti i microRNA, sarà fornito dal Centro Regionale Specializzato per la Sindrome di Shwachman-Diamon dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, sotto la supervisione del Direttore dottor Marco Cipolli e la collaborazione della dottoressa Anna Pegoraro. 

"Il materiale raccolto andrà anche a costituire una biobanca che potrebbe essere in futuro di interesse anche per l’attività di altri ricercatori interessati a questa patologia" aggiunge la dottoressa Finotti. 

La ricerca  è stata interamente finanziato dalla Associazione Italiana Sindrome di Shwachman (AISS). 

“La nostra associazione nasce per dare speranza e sostegno concreto a chi soffre di questa rara patologia genetica.Tra gli obiettivi portanti è quello di provvedere al sostegno finanziario della ricerca scientifica finanziando progetti di ricerca e supportando la collaborazione tra i gruppi di ricerca stessi” conclude il Presidente Aurelio Lococo.

In foto il team di ricercatrici UNIFE coinvolte nel progetto. Da destra: Alessia Finotti (Coordinatrice del progetto), Chiara Papi, Jessica Gasparello, e Lucia Carmela Cosenza.