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Pietro Ignazi da Huffington Post

Siamo sempre il paese del melodramma. Di fronte al coronavirus l'Italia non è né Camus (La Peste) né Saramago (Cecità). Le trombe dell'apocalisse suonano a pieni polmoni e più drammatizziamo più usciremo malconci

 

https://www.huffingtonpost.it/entry/siamo-ancora-il-paese-del-melodramma_it_5e565633c5b62e9dc7daad4d

 

 

Siamo tra Camus (La Peste) e Saramago (Cecità)? No, siamo ancora il paese del melodramma: perché di fronte all’allarme per alcuni decessi per coronavirus nessuno si è preoccupato un attimo dei 217 (Duecentodiciassette) morti al giorno (ogni giorno), in media a settimana, per la “normale” influenza. Una strage.

Ora, alcuni anziani malati sono morti per una “diversa” influenza, e forse anche la normale influenza avrebbe causato loro la stessa sorte, viste le loro patologie. Ma ormai le trombe dell’apocalisse hanno incominciato a suonare a pieni polmoni.

In Francia, il 15 febbraio, si è avuto il primo decesso per coronavirus. La notizia ha avuto la diffusione e lo spazio di un lancio di agenzia giornaliero, poi nulla più. Mentre da noi, già al primo malato giornali e televisioni hanno dedicato uno spazio gigantesco, continuo, ovviamente ansiogeno.

Sembra che questo paese sia percorso da una pestilenza che falcia per le strade centinaia di persone al suo passaggio. Per cui chiudiamo tutto e barrichiamoci in casa contro il morbo che aleggia. Eppure, l’Istituto Superiore di Sanità scrive che la mortalità del coronavirus si impenna solo dopo gli 80 anni. Ci sono pochi casi lievi sotto i 10 anni e la mortalità sotto il 40 anni è dello 0,2%. Ma tutto questo non regge un secondo di fronte all’allarmismo propagato a piene mani: un Consiglio dei ministri straordinario e notturno , programmi televisivi saltati e indirizzati sul virus, radio e telegiornali dedicati esclusivamente a questo argomento.

Con la chiusura di mezza Italia il messaggio che si dà al mondo è quello di un paese dove dilaga il morbo, inavvicinabile per i prossimi, molti, mesi, da tenere alla larga. I tonfi della Borsa non sono che l’antipasto di un prossimo crollo dell’economia italiana. Più drammatizziamo, più usciremo malconci. Precauzione e prevenzione non possono comportare l’asfissia civile (ed economica) di un paese.