La qualità del progetto
Di fronte ad un pubblico così qualificato e nell’ambito di una iniziativa particolarmente significativa – soprattutto perché si svolge in una delle aree del centro storico con uno straordinario patrimonio di testimonianze storico-artistiche, archeologiche, ambientali, etnoantropologiche, ecc, eppure in condizione di estremo degrado fisico,economico e sociale – ho sentito l’esigenza di svolgere alcune riflessioni sul tema della “Qualità progettuale” nel Restauro con l’intento di rivolgermi più che agli addetti ai lavori, agli altri, ai destinatari e fruitori delle attività degli architetti. “riportare il monumento all’antico splendore” è una frase ricorrente dietro la quale si cela la cancellazione di quel “palinsesto” che il documento-monumento rappresenta, e, quindi, la distruzione di tracce, segni, stratificazioni che le passate civiltà ci hanno lasciato. (1848)J.Ruskin,TheSevenLampsofArchitecture(1848)sottolineava che: “la gloria più grande di un edificio consiste nella sua età…”. (1883)C.Boito ribadiva: “Restauro è distruzione”, e, ancora: “vergogna ingannare i contemporanei; vergogna anche maggiore ingannare i posteri”. Nell’arco del XX secolo la Scuola italiana del Restauro – in cui sono emersi a Napoli Roberto Pane e Roberto Di Stefano – ha messo a punto principi, criteri, metodologia del restauro. Un progetto di QUALITA’ si fonda su: B)individuazione dei VALORI STRATIFICATI del manufatto, fondata su un giudizio storico-critico C) Scelta degli interventi e delle funzioni compatibili, ovvero definizione degli interventi più appropriati di restauro architettonico e strutturale, di adeguamento funzionale ed impiantistico per la nuova funzione. I consolidamenti dovranno attuarsi attraverso un equilibrato apporto di tecniche tradizionali e tecniche innovative. Ben vengano, pertanto, Società e Industrie qualificate che forniscono prodotti adeguati alle molteplici esigenze. •INDAGINI SOMMARIE •FONDI SCARSI PER RILIEVI CORRETTI E PROVE DI LABORATORIO •FUNZIONI GENERICHE, VELLEITARIE O NON COMPATIBILI •POLVERIZZAZIONE DELLE RISORSE •MANCANZA DI VERIFICHE ECONOMICHE ANCHE PER LA GESTIONE DEL MANUFATTO RESTAURATO ECC.
E’ utile, ora, esemplificare le questioni affrontate illustrando alcuni casi di buone pratiche o di cattive pratiche nel restauro. Si tratta di restauri nei quali si registrano un attento rispetto dei valori stratificati e l’aggiunta, ove necessario, distrutture, chiaramente distinguibili ispirate al linguaggio contemporane. A fronte di tali interventi significativi, dalla Sicilia al Veneto è diffusa la pratica di reintonacare le facciate e ritinteggiarle, oppure, ancora, di sottoporle a puliture così invasive da cancellare ogni traccia di stratificazione storica. Né va dimenticata la pratica diffusa di “scorticare” gli edifici, sia in Italia che all’estero, quasi che gli intonaci che rivestono le murature in pietra calcarea siano di minor valore storico rispetto alle sottostanti strutture; in altri casi gli intonaci vengono rimossi per fare emergere gli elementi lignei “a graticcio”. Sono da citare poi alcuni esempi eccellenti di monumenti distrutti parzialmente nel corso della seconda guerra mondiale e lasciati allo stato di rudere. Al contrario, s icontinuano a compiere su monumenti di straordinario valore operazioni di ripristino e di ricostruzione per riportarli all’“antico splendore”. Basti pensare alle scellerate operazioni compiute negli ultimi anni sul Castello di Carlo V a Capua (exPirotecnico), sottoposto al vincolo militare e mal restaurato con fondi del Ministero della Difesa. Ricostruire“dov’era e com’era”, ovvero costruire un “falso storico”, è un delitto che si è consumato anche a Napoli: è il caso della stazione superiore della Funicolare di Chiaia e di un edificio a rudere a Salita Arenella. Dopo un incendio o un crollo, è possibile compiere scelte coraggiose ed interventi di grande rilevanza e qualità architettonica. E’ il caso della ricostruzione d iuna cupola, realizzata con materiali e tecniche contemporanee, in un progetto di rilevante interesse culturale e tecnico: il Reichstag di Berlino. L’edificio, per la verità, è stato oggetto di un discutibile ripristino, dunque non un vero e proprio restauro: ciò che qui ci preme evidenziare è l’ardita e tecnologicamente avanzata soluzione per la nuova cupola. E’ possibile, dunque, progettare soluzioni di notevole qualità architettonica rifuggendo da pedisseque ricostruzioni “al’identique” che utilizzano le stesse tecniche antiche pur con correttivi, così come aveva proposto negli anni passati Antonino Giuffrè strutturista impegnato nel campo del Restauro. Le sue soluzioni sono spesso state adottate in maniera acritica dalle Soprintendenze, timorose di confrontarsi con i temi della progettazione: l ’esempio a Napoli lo ritroviamo nella ricostruzione della cupola crollata di S.Giovan Battista delle Monache in via Costantinopoli utilizzando conci di tufo tagliati secondo forme antiche. nmeritoallapericolosatendenzaallaricostruzione“com’eraedov’era”Talesoluzionericostruzionecomeraedovera. Tale soluzione sembra piacere agli amministratori e politici italiani rispetto agli esiti di concorsi internazionali. Simile scelta, culturalmente criticabile, assicura loro maggiori risultati in termini di visibilità e di raccolta di consensi a tempi brevi. Dunque quandoc rolli incendio altre calamità hanno colpito monumenti di rilevanza eccezionale si è scelta tale strada. Basti citare i teatri La Fenice a Venezia e il Petruzzelli a Bari. Caso emblematico di simili scelte discutibili è la Cattedrale di Noto : qui, cogliendo l’occasione di un tragico evento, un crollo parziale, si è ricostruito non solo la parte crollata non più esistente, ma anche tutta la struttura portante residua riproponendo presunte carenze costruttive, riproponendo antichi, ma non originari ,schemi costruttivi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la Cattedrale appare oggi come un enorme contenitore edilizio anonimo e privo di valori autentici e stratificati. Per evidenziare differenze evidenti tra progetti di qualità e progetti sommari in casi a noi più vicini è utile confrontare quanto realizzato nella valorizzazione del percorso archeologico nel sottosuolo del Rione Terra, secondo un pregevole progetto e, utilizzando anche materiali di qualità, e la sistemazione “provvisoria” delle scale di accesso alla Piscina Mirabilis, oggetto di recenti polemiche per lo stato di abbandono in cui si trova. Non poche perplessità, infine, sorgono di fronte agli esiti del restauro del Tempio-Duomo di Pozzuoli. Il pregevole progetto nella fase esecutiva è stato in parte modificato anche per le richieste in corso d’opera della Soprintendenza archeologica; inoltre, l’auspicato rispetto sacrale del “palinsesto”, tra adeguamenti impiantistici, anomale controsoffittature, illuminazione velleitaria ecc., mostra qualche punto di debolezza. Il risultato finale è che lo straordinario complesso sul Rione Terra sembra aver perso quel fascino di “storicità” che lo distingueva, per apparire come un’esposizione per comparti distinti delle diverse fasi storiche, in un’atmosfera surreale, condizionata dalla cromia del bianco e dalle nuove ed abnormi superfici vetrate. In conclusione, Restauri di Qualità potranno realizzarsi in luogo di ripristini, ricostruzioni e cattivi restauri – solo se, a fronte di proposte progettuali colte e qualificate da parte degli architetti, si assocerà, da parte delle comunità e degli amministratori pubblici, una sempre maggiore consapevolezza dei principi e dei criteri che devono guidare le attività di Restauro. L'obiettivo qualità dei restauri, dunque ,è legato ad un più generale problema di Cultura e Formazione.
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Profilo dell'Autore |
Aldo Aveta è professore ordinario di Restauro architettonico nella Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli “Federico II”, docente presso la Scuola di specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio, presidente del corso di laurea magistrale in Architettura-Restauro. È autore di molteplici saggi, nonché di relazioni a convegni nazionali ed internazionali. Negli ultimi anni ha pubblicato: Conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale (2005); Questioni attuali sulle nuove tecnologie nel restauro e le istanze brandiane (2006); Interazioni materiche tra teorie e prassi nel restauro strutturale (2007); Consolidamento delle strutture lignee. (2007); Luigi Vanvitelli e la cultura tecnica del Settecento (2008); Degrado e/o valore di antichità delle architetture in c.a.: l’aspetto metodologico (2008); Architettura storica e diagnostica (2009); Restauro e rinnovamento del centro storico di Napoli (2009). Tra le esperienze progettuali si citano il restauro di S. Lorenzo Maggiore in Napoli, la Reggia Orsini a Nola, la Villa Ricciardi e l’ex Distilleria Esposito in Pomigliano d'Arco. |