Piddini e Dignità sempre più lontani

Essere contrari a ciò che prevede il “Decreto dignità”, che aveva posto un timidissimo e parziale limite all’abuso dei contratti precari, è ovviamente del tutto legittimo. Ciò che invece fa perdere la dignità, e non solo quella del nome del decreto, è motivare l’obiettivo di sospenderlo per molto tempo (con il chiaro intento di abolirlo) ignorando i fatti, o addirittura falsandoli clamorosamente. Come ha fatto la sottosegretaria al Lavoro piddina Francesca Puglisi, che a “L’aria che tira” su La7 ha affermato che “I dati ci dicono che il Decreto dignità non ha creato maggiore stabilità ma solo maggior turn over” (verso il min. 37). Non ci resta che pubblicare per la terza volta il grafico che mostra come quanto avvenuto sia esattamente l’opposto di ciò che ha affermato Puglisi.

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Certo questo non scoraggerà la giornalista del Corriere Maria Teresa Meli, che ha affermato, nella stessa trasmissione, che “il presidente dell’Inps dice numeri a caso”, e ha definito il decreto “un’oscenità” e che è stato “nociva anche prima del Covid”. Questi giudizi da “bar sport”, non supportati da dati, sono fastidiosi quando a esprimerli è un politico; se a farlo è una giornalista, dovrebbe solo vergognarsi. Ma a suo beneficio riproponiamo un altri grafico – questa volta di fonte Istat, visto che di Tridico non si fida – sull’andamento dell’occupazione dopo il decreto dignità (entrato in vigore il 1° ottobre 2018) e prima della pandemia.

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Poco più tardi (a “8 e mezzo” di Lilli Gruber) è toccato al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dire la sua sull’argomento. Da politico navigato è stato molto più cauto e ha ipotizzato solo un rinvio della sospensione fino a fine anno (e non anche per tutto il 2021, come Puglisi). Ha solo sottinteso che il decreto ostacoli l’occupazione, come se fosse una cosa scontata: ma, come abbiamo visto, scontata non lo è affatto.

E allora perché quella posizione? Ci sembra di aver capito che per Gualtieri la politica è soprattutto arte della mediazione. C’è una parte – gli imprenditori e coloro che sostengono qualsiasi loro richiesta, come Italia Viva e vari esponenti Pd – che chiedono quel provvedimento a gran voce; un’altra parte – i 5S – che si oppongono all’abolizione: la mediazione è sospenderlo. Intanto, poi si vedrà.  Che la richiesta di abolizione sia motivata conta poco o nulla, ciò che conta è che quella richiesta ci sia e che quindi si trovi un accordo accettabile da tutti. Certo, la politica è l’arte del compromesso, ma se è solo quello diventa una ben misera cosa.

Il fatto è che Gualtieri, che non è un economista ma uno storico, ha scelto come consigliere economico – ruolo che, in questa situazione, è di grande rilevanza – quel Marco Leonardi che faceva parte della pattuglia degli economisti renziani, che ha partecipato all’elaborazione del Jobs act e ci teneva tanto da sostenere con l’Istat che aveva fatti aumentare di un milione i posti di lavoro. Non era così, e l’Istat ovviamente non gli diede retta. Ma l’episodio è significativo per comprendere l’atteggiamento di Leonardi verso le questioni del lavoro.

Gualtieri e Conte hanno un compito difficile. Devono tenere insieme una maggioranza eterogenea che si trova ad affrontare una crisi economica di cui non si ricorda l’uguale. E’ bene che siano lì perché l’alternativa è peggio. Ma non stanno facendo un buon lavoro, tutt’altro: il governo continua a lasciarsi guidare dalle idee fallimentari che ci hanno fatto arrivare alla crisi del Covid già in pessime condizioni, non sembra avere alcuna strategia alternativa (anzi, nessuna strategia in assoluto), dà la netta sensazione di affastellare misure sperando che a mettere tutto a posto ci pensi “la mano invisibile”, che è un po’ come affidarsi alla divina provvidenza. Per chi non crede né all’una né all’altra, è difficile trovare un briciolo di ottimismo.

5 commenti

  • 1. Occorre rendersi conto, purtroppo, che al PdC Conte e al ministro dell'Economia Gualtieri si attaglia ciò che afferma il principio di Peter (https: / / it. wikipedia. org /wiki /Principio_di_Peter).

    2. Marco Leonardi occupa il 2° posto del mio elenco di 40 nomi più o meno illustri di vittime della DISINFORMAZIONE berlusconiana che ho riportato nel mio saggio. Dal quale traggo:
    "Ecco 40 esempi davvero clamorosi. Che io ricordi, i primi, o tra i primi, che dovetti adeguatamente «redarguire» a causa della loro ignoranza circa gli importi delle manovre finanziarie correttive varate dai governi Berlusconi e Monti, furono, nell’ottobre 2012, due professori di Economia, degli otto invitati, nel 2012, dal quotidiano Europa a commentare i programmi di Bersani e Renzi per le elezioni primarie del PD: Emilio Barucci e Marco Leonardi.
    [...]
    (2). Conta l'agenda Monti
    Marco Leonardi (Università Statale di Milano) - 5 ottobre 2012
    http://www.europa.dol.it/dettaglio/137609/conta_lagenda_monti ".
    In calce all'articolo, potete leggere il mio lungo commento critico.
    E' superfluo aggiungere che Leonardi, tra Bersani e Monti, si schierò con Monti. "Europa", organo della Margherita, era il rifugio dei "montiani" del PD (il direttore Menichini, Ichino, Tonini, Ceccanti, Funiciello, ecc.), tutti schierati ferocemente e slealmente, unitamente ai lettori di provenienza DC, contro il segretario Bersani; e, pur rappresentando il 15% del PD, pretendevano di imporre la loro linea minoritaria, anche in materia di Diritto del Lavoro. Poi ci ha pensato il destrorso Renzi - agevolato dall'ingenuo galantuomo Bersani, che ora si dà arie di saperla lunga sul contaballe, sleale e spregiudicato Renzi - a spostare a destra tutto il partito.

    3. Gli imprenditori confindustriali sapevano che tipo è Bonomi, un arruffapopolo bulimico e maestrino severo. E lo hanno votato. Più che sui "democristiani" Conte e Gualtieri, occorrerebbe poter contare su Landini e Bersani, per dire CGIL e LeU, e non sul solo, solito, poco carismatico Fassina.

    .

  • La questione potrebbe essere messa in questi termini: cosa realisticamente ci si può attendere da un governo minato dalle divisioni e dagli interessi divergenti delle forze che dovrebbero sostenerlo, e sottoposto,ad assedio da parte delle forze conservatrici tradizionali, dal CdS alla Confindustria bonomiana? Sembra che queste forze stiano attendendo le concessioni europee, per le quali un governo sovranista ora non farebbe certo gioco, per affondare la lama, che sia via Renzi, Di Battista e/o un po' di shopping parlamentare poco importa. Il CdS spesso dedica attenzioni alla conta dei seggi sempre più sottile al Senato, come fossero grani del rosario.

    Se il governo prendesse posizione a reale difesa dei diritti del lavoro la maggioranza esploderebbe. A quel punto potrebbe diventare questo il tema della campagna elettorale di Conte & C (Covid permettendo).

  • Segnalo:

    GUALTIERI, IL BLOCCA ITALIA
    E ORA PRESIDENTE CONTE GLI STATI GENERALI DEI FATTI/ -9
    ROBERTO NAPOLETANO | 23 GIU. 2020 23:36
    l ministro dell’economia è diventato un problema politico. Le cose che deve fare non le sa fare. Come si è visto con liquidità e rilancio. Le cose che devono fare gli altri e servono al Paese lui le blocca. Una volta tanto Beppe Grillo dice una cosa giusta sulla rete unica per la fibra ma lui e Rivera frenano. I ministeriali li lasciamo in smart working fino all’anno prossimo e chiudiamo l’economia
    https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/gli-editoriali/economia/2020/06/23/leditoriale-di-roberto-napoletano-laltravoce-dellitalia-gualtieri-il-blocca-italia/

  • Premetto che non sono un agit-prop di Roberto Napoletano, che anzi critico severamente nel mio saggio per la disinformazione che propalò sulle manovre correttive della XVI legislatura e sulle pensioni. Ma ne condivido la battaglia contro il moloch della burocrazia italiana, la peggiore dell’Europa occidentale.
    Segnalo il suo nuovo editoriale:
    19, 8, 77, IL TERNO DELLA DISFATTA
    ROBERTO NAPOLETANO | 25 GIU. 2020 23:30
    https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/gli-editoriali/2020/06/25/leditoriale-di-roberto-napoletano-laltravoce-dellitalia-19-8-77-il-terno-della-disfatta/

  • Se fosse sfuggito, segnalo l'elezione dell'irlandese Donohoe a presidente dell'Eurogruppo, degno erede di Juncker e Dijsselbloem. La candidata socialista dei paesi del sud Europa, la spagnola Calvino, sostenuta anche da Germania e Francia e favorita sulla base delle dichiarazioni ufficiali, ha avuto 9 voti contro i 10 del conservatore irlandese, dopo il "tradimento" non proprio del tutto imprevedibile di uno dei paesi dichiaratisi a favore della Calvino.

    Una scelta poco augurante (per l'Italia e gli altri mediterranei, ovviamente; i paradisi near shore festeggiano) in vista della trattativa sul Recovery Fund, e che rende ancora più problematica l'accettazione del MES.