Archivio selezionato: Sentenze T.A.R.


Autorità: T.A.R. Napoli sez. VI

Data: 05/07/2017

n. 3619

Classificazioni: PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (P.A.) - Accesso ai documenti amministrativi - - privacy e diritto d'accesso

 
                         REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
        Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania         
                           (Sezione Sesta)                           
ha pronunciato la presente                                           
                              SENTENZA                               
sul ricorso numero di registro generale 4549 del 2016, proposto da:  
-OMISSIS-, rappresentata e  difesa  dall'avvocato  Daniele  Paolella,
presso il cui studio domicilia in Napoli, via G. Melisurgo n. 15;    
                               contro                                
Asl 107  -  Napoli  2  Nord,  in  persona  del  Direttore  p.t.,  non
costituita in giudizio;                                              
                          nei confronti di                           
Sa. Ca. non costituito in giudizio;                                  
                         per l'annullamento                          
del provvedimento di diniego all'accesso agli  atti  ai  sensi  della
legge 241/90 formulata dalla odierna ricorrente;                     
Visti il ricorso ed i relativi allegati;                             
Viste le memorie difensive;                                          
Visti tutti gli atti della causa;                                    
Relatore nella camera di consiglio  del  giorno  14  giugno  2017  la
dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti  i  difensori  come
specificato nel verbale;                                             
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              

Fatto
FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso iscritto al n. 4549/2016 proposto ex art. 116 c.p.a. la ricorrente Migliore Concetta, avendo depositato in data 29.02.2016 presso il Tribunale Civile di Napoli -OMISSIS-, ed avendo inoltrato all'Asl intimata in data 6.09.2016, a mezzo del proprio procuratore, istanza di accesso agli atti onde apprendere se il Sert aveva prestato assistenza al -OMISSIS-, impugnava il diniego all'accesso comunicatole, tramite il suo procuratore, in data 8.09.2016, deducendone l'illegittimità sul presupposto che:

- la richiesta di accesso agli atti era estremamente dettagliata e corredata da tutta la documentazione occorrente;

- è diritto del coniuge visionare ed estrarre copia di tutta la documentazione facente parte della cartella clinica del marito malato, non potendo la Casa di Cura opporre alcun diritto alla riservatezza, né l'obiezione di non essere una pubblica amministrazione, e ciò specie in corso di separazione;

- ai fini dell'esercizio del diritto di accesso l'intento di adire il Tribunale ecclesiastico ai fini della dichiarazione di nullità del matrimonio va assimilato a quello di adire il giudice ordinario per la separazione;

Sulla base di tali premesse concludeva per l'accoglimento del ricorso con condanna dell'Asl intimata alla consegna o, in subordine, ostensione di tutti gli atti del procedimento: cartelle cliniche, relazioni del Sert, atti di intervento, verbalizzazioni, relazioni sui fatti redatti dagli operatori interessati, pareri e consulenze medico legali.

L'Asl intimata ed il controinteressato non si costituivano per opporsi al ricorso.

Con delibera n. 200 del 31.10.2016 la ricorrente veniva ammessa al beneficio del gratuito patrocinio dalla Commissione competente in via anticipata e provvisoria.

Alla camera di consiglio del 14.06.2017 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Nel presente giudizio si controverte in ordine alla richiesta con cui la ricorrente, -OMISSIS-, intende ottenere dalla struttura sanitaria controinteressata l'accesso agi atti ed alla documentazione amministrativa relativa al coniuge Ca. Sa. (es. cartelle cliniche, relazione Sert, atti di intervento ecc. ecc.) nonché comunicazione attestante se il predetto sia o meno assistito dal Sert con la precisazione, in caso positivo, della specifica struttura che lo assiste.

La richiesta predetta è stata negativamente riscontrata dall'amministrazione intimata che, con atto prot. n. 430 del 9.09.2016, esponeva di non poter fornire in alcun modo i dati richiesti ai sensi dell'art. 120 del d.p.r. 309/1990 a meno che non venga disposto dal Giudice, o l'assistito non presti il proprio consenso per iscritto indicando la persona autorizzata.

Tanto premesso, la richiesta ha evidentemente ad oggetto dati c.d. supersensibili in quanto idonei a rivelare lo stato di salute dell'interessato, il cui accesso è consentito, ai sensi dell'art. 24 comma 7 della legge n. 241/1990 relativo ai casi esclusi, soltanto nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, A tenore dell'art. 60 cit., quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. Al fine di dare concreta attuazione all'articolo 60 citato si deve tenere conto dell'insieme dei generali principi desumibili dalla legge sulla privacy, in primo luogo, dall'art. 1, secondo cui "Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano" e (per tale motivo) il codice "garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali".

L'articolo 60 (e il precedente art. 59) hanno lo scopo di disciplinare il rapporto intercorrente tra diritto all'accesso ai sensi della legge n. 241/90 e il diritto alla riservatezza tutelato dal d. lgs. 196/03: sin dall'entrata in vigore degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241/90, infatti, si era posto il problema del coordinamento dei contrapposti interessi ogni volta che l'accesso agli atti amministrativi comportava anche la conoscenza di dati personali di soggetti terzi. Il legislatore ha, quindi, voluto superare l'impasse, prevedendo il recesso del diritto alla riservatezza, con la sola esclusione del caso in cui i dati contenuti nel documento siano idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale: ipotesi il cui ricorrere limita l'accesso ai soli casi in cui esso sia necessario a garantire una situazione giuridicamente rilevante di rango almeno pari ai diritti dell'interessato ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. Ma tale bilanciamento fra posizioni giuridiche contrapposte va condotto tenuto conto delle possibilità che il sistema consente di tutelare in concreto i propri diritti fondamentali nel senso che la tutela dei dati "supersensibili" può essere vinta solo quando risulti provato in concreto dall'istante che la loro acquisizione da parte di un terzo è assolutamente indispensabile al fine di tutelare un suo diritto fondamentale ( cfr T.a.r. Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1043/2011; T.a.r. Bologna 26.01.2012 n. 67).

Tanto premesso, se è pur riconoscibile in via generale che le esigenze difensive, riconducibili ai principi tutelati dall'art. 24 della Costituzione, sono ritenute prioritarie ed in tal senso il dettato normativo richiede che l'accesso sia garantito "comunque" a chi debba acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti (art. 20, comma 7, L. n. 241/90 cit.); tuttavia la medesima norma ( come successivamente modificata tra il 2001 e il 2005 (art. 22 L. n. 45/01, art. 176, c. 1, D.Lgs. n. 196/03 e art. 16 L. n. 15/05) specifica, con molta chiarezza, come non bastino esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l'accesso, dovendo quest'ultimo corrispondere ad un'effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi ed ammettendolo solo nei limiti in cui la conoscenza di documenti, contenenti "dati sensibili e giudiziari" sia "strettamente indispensabile" (cfr. Cons. St., sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515).

Occorre, in particolare, la dimostrazione di una rigida "necessità" e non della mera "utilità" del documento in questione (Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117), nel senso che, qualora si debba superare la specifica e tutela accordata dalla legge alla riservatezza di dati supersensibili (in materia sanitaria e sessuale) nel corso di un giudizio già instaurato, occorre quanto meno che il richiedente dimostri che gli strumenti processuali ( ivi compreso il potere istruttorio del giudice) non sono sufficienti a garantire il diritto della parte di tutelare in giudizio la propria posizione. Un diritto all'accesso documentale esercitato a fini defensionali non ha in assoluto la capacità di spianare, sulla sua strada, un qualsivoglia interesse contrario, pur se qualificato. Certamente nella scala gerarchica dei valori da considerare, in occasione della disamina dei motivi che giustificano una domanda di accesso, quelli legati alle esigenze di difesa del richiedente occupano un gradino elevato ma non tale, tuttavia, da prevalere sempre e comunque (e soprattutto acriticamente) su qualunque altro interesse, specie se contrapposto giacché invocato da chi, di contro, denuncia che, consentendosi l'accesso, si permetterebbe il disvelamento di propri dati, ritenuti sensibili, contenuti nella documentazione amministrativa da altri chiesta.

Lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione tra interesse defensionale ed interesse alla riservatezza è costituito dal parametro della "stretta indispensabilità" di cui all'art. 24, co. 7, secondo periodo, della l. n. 241/1990, giacché esso è quello che, proprio a livello legislativo, viene contemplato come idoneo a giustificare la prevalenza dell'interesse di una parte - mossa dall'esigenza di "curare o difendere propri interessi giuridici" - rispetto all'interesse di un'altra parte, altrettanto mossa dall'esigenza di "curare o difendere propri interessi giuridici" legati ai dati sensibili che la riguardano e che possono essere contenuti nella documentazione chiesta in sede di accesso (C.d.S. n 1692 dell'11.04.2017)

3. Nel caso di specie il diritto che si contrappone alla privacy del controinteressato e che viene in rilievo nel presente giudizio è quello dichiarato di apportare elementi al giudizio di separazione in corso anche al fine della conferma dei provvedimenti presidenziali provvisori ed urgenti con cui è stata assegnata alla ricorrente la casa coniugale e le sono stati affidati in via esclusiva i figli minori "atteso il totale disinteresse del padre nei confronti dei figli".

Sulla base di siffatta ricostruzione e tenuto conto della motivazione del provvedimento presidenziale e delle ragioni concrete sulla cui base sono state adottate le misure provvisorie ed urgenti a tutela dei figli minori, non può tuttavia sostenersi che l'esercizio del diritto del ricorrente di vedere pronunciata la separazione dal coniuge sia, nel caso concreto, necessariamente condizionato dal possesso della documentazione sanitaria inerente al coniuge detenuta dalla struttura sanitaria intimata, poiché essa non è strettamente indispensabile alla difesa in giudizio, ma costituisce uno degli elementi che la ricorrente vorrebbe apportare al fine di articolare la sua difesa in giudizio secondo una particolare modalità. L'indagine potrebbe anche, ad esibizione della certificazione avvenuta, risolversi nell'assenza del rilievo in giudizio del documento sanitario richiesto con il risultato che il diritto di difesa non sarebbe soddisfatto nei termini richiesti ma la privacy resterebbe violata. (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117). In ogni caso al giudice investito del giudizio di separazione compete stabilire in qual misura la conoscenza dei dati sanitari sia effettivamente necessaria ai fini della definizione del giudizio posto che, nell'ambito del processo, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa e dunque, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benché anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy" (Cassazione civile , sez. un., 08 febbraio 2011 , n. 3034).

In definitiva per quanto esposto il ricorso va respinto e ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese giudiziali avuto riguardo alla natura delle questioni trattate.

Per effetto dell'ammissione della ricorrente al gratuito patrocinio a spese dello Stato che va in questa sede confermata, ricorrendone i presupposti come da decisione della Commissione, va disposta la liquidazione delle spese ed onorari in favore del difensore, come da dispositivo, con onere a carico dell'erario. Ai sensi dell'art. 4, comma 1 del d.m. m. 55/2014, recante determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi dell'art. 13, comma 6 della legge 31 dicembre 2012, n. 347, tenuto conto della entità dell'attività difensiva svolta, il compenso al difensore va liquidato in via forfettaria l'importo nella misura di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di onorari, diritti e spese per il presente grado di giudizio.

In relazione ai contenuti della presente pronuncia si dispone che sull'originale della sentenza sia apportata a cura della segreteria specifica annotazione volta a precludere l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati per il caso di riproduzione del provvedimento in qualsiasi forma, ovvero per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.

Diritto

PQM
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate

Conferma l'ammissione di parte ricorrente al gratuito patrocinio, e per l'effetto, liquida all'avvocato Alessandro Tozzi la somma complessiva di euro 1000,00 (mille/00) per diritti, onorari e spese generali, oltre I.V.A. e C.A.P. dovuti per legge

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Passoni, Presidente

Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore

Paola Palmarini, Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 05 LUG. 2017.

Note

Utente: unia601 UNIV.DEGLI STUDI DI FERRARA - www.iusexplorer.it - 05.01.2018


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