Per non smarrirsi nell'Inghilterra del Seicento 1

Alcune puntualizzazioni sulla storia inglese del secolo XVII

Per non smarrirsi nell'Inghilterra del Seicento   1

1. Le isole britanniche nel Seicento conobbero una trasformazione rivoluzionaria. Guerre civili, guerre di religione, conflitti politici e costituzionali, cambiamento di regnanti. La Rivoluzione inglese, anzi le rivoluzioni inglesi. Quella del 1640 e quella, detta Gloriosa (Glorious) o Senza spargimento di sangue (Bloodless), del 1688-1689. Al termine di questo ciclo rivoluzionario le isole britanniche si trovarono rette da una monarchia limitata dal potere del parlamento, con una chiesa di stato ma la tolleranza per i dissidenti protestanti e, sia pure minore, per i cattolici e la presenza di una comunità di ebrei riammessi nell'isola dopo oltre trecento anni. Pluralismo confessionale tra i cristiani e pluralismo religioso per la presenza degli ebrei. In questo processo l'Inghilterra divenne anche la principale potenza navale, proiettata a espandersi in tutto il mondo e ad assumere un ruolo di grande potenza nel contesto europeo. 

2. Adesso vediamo i dettagli. Isole britanniche: sul loro territorio si trovavano due regni, l'Inghilterra e la Scozia.

L'Inghilterra dominava l'Irlanda: ma solo nel secondo Cinquecento e nel primo Seicento riuscì a controllarla militarmente e vi trapiantò migliaia di coloni inglesi e scozzesi. L’origine del conflitto anglo-irlandese che ancora non è cessato del tutto nell’Irlanda del Nord risale ad allora.

La Scozia era retta da una dinastia nazionale, gli Stuart. L'Inghilterra era retta dalla dinastia dei Tudor. Questa si estinse  con la morte di Elisabetta I, nel 1603. Il re di Scozia, Giacomo VI Stuart, le succedette per diritto di  consanguineità. Le isole britanniche si trovarono per la prima volta sotto un'unica dinastia: non unite, attenzione. L'unione di Inghilterra e Scozia era una unione personale delle due corone, ma i due paesi mantenevano istituzioni distinte. L'Inghilterra aveva un parlamento e la Scozia un altro parlamento. L'Irlanda era una terra di conquista, la prima colonia, è stato detto, dell'Inghilterra. La definitiva unione di Scozia e Inghilterra avvenne nel 1707 e nel 1801 il parlamento irlandese venne unito a quello inglese a Westminster. La bandiera inglese con le tre croci sovrapposte, la Union Jack, è nata allora.

L'Inghilterra aveva una chiesta di stato anglicana o episcopale, ma contava anche una minoranza rimasta cattolica e numerosi aderenti al calvinismo di varie sfumature e  sette protestanti radicali. In Scozia la chiesa di stato era calvinista (detta presbiteriana), ma esistevano minoranze di cattolici e di episcopali. In Irlanda la stragrande maggioranza era rimasta cattolica, ma i coloni inglesi erano anglicani o calvinisti, e quelli scozzesi calvinisti. La chiesa anglicana aveva una teologia vicina al calvinismo e rituali vicini al cattolicesimo. Era perciò una costruzione ibrida, organizzata su una rete di parrocchie, vescovati e arcivescovati, retta da un primate, l'arcivescovo di Canterbury, e con a capo il sovrano stesso. Nelle ambizioni di Enrico VIII un esempio di cesaropapismo, ma in realtà una chiesa nella quale convivevano tendenze diverse e che stentò a trovare un assetto definitivo. Lo raggiunse con Elisabetta I a partire dal 1559, ma in seguito continuò ad essere divisa in correnti più o meno filocalviniste. Era fermamente protestante, ma per i calvinisti puri e duri non lo era abbastanza, mentre per i cattolici lo era troppo.    

3. Il parlamento inglese, una camera dei Lord a vita e una camera dei Comuni eletta da città e contee, era un'assemblea rappresentativa delle élites del paese simile a molte istituzioni esistenti sul continente. A fine Quattrocento e nel primo Cinquecento era agonizzante. Venne rianimato da Enrico VIII, bisognoso del sostegno dei rappresentanti della nazione per imporre lo scisma religioso che portò alla istituzione della chiesa anglicana. Il distacco da Roma era a sua volta necessario per evitare l'estinzione della dinastia Tudor consentendo al re di sciogliere il suo matrimonio, risposarsi e avere un erede maschio. Nel corso del Cinquecento, in controtendenza rispetto a quello che avveniva sul continente, il parlamento inglese sopravvisse e andò via via irrobustendosi. Non si opponeva mai ai sovrani, ma seguitava a esistere e diventava una parte normale del sistema politico inglese, assieme al re, e con il tempo giuristi e intellettuali elaborarono l’idea di una antica costituzione del regno che contemplava re e parlamento. Non esisteva nulla di simile: era il prodotto dei cambiamenti portati dal tempo e dalle circostanze.

Con Elisabetta, sovrana autoritaria ma carismatica e popolare, il parlamento si trovò in sintonia con la corona, anche perché l'esistenza di un nemico politico e  religioso, la Spagna cattolica di Filippo II, favoriva per contrasto un senso di identità nazionale e religiosa. Nella guerra contro la Spagna al fianco dei ribelli protestanti olandesi l'Inghilterra guadagnò gloria marinara, ricchi bottini e un forte senso di identità protestante.

Con la successione di Giacomo I il parlamento cominciò a rivendicare un ruolo più propositivo proprio mentre il sovrano aveva al contrario inclinazioni assolutiste ed era convinto del diritto divino dei re: la loro autorità derivava da Dio e non poteva essere condizionata da “Dick, Tom e Harry”. Inoltre a fianco della chiesa anglicana si rafforzavano le correnti calviniste dette puritane e settarie. Il regno di Giacomo I (1603-1625) ereditò i problemi che nell’età di Elisabetta erano stati accantonati o non si erano ancora posti con forza. Il re era però un abile manovratore e riuscì a superare le crisi. Suo figlio Carlo I (1625-1649) ereditò un cumulo di problemi ancora maggiore: più dissenso religioso, più opposizione da parte del parlamento, e per giunta una congiuntura internazionale sfavorevole.

Il consenso di facciata dell’età elisabettiana non c’era più. C’erano invece molteplici livelli di conflittualità e il re era, a differenza di Elisabetta e di Giacomo, un politico di scarse capacità, poco manovriero e poco incline al compromesso e privo di carisma.