Notizia

Covid-19 | A Unife si studiano i geni responsabili della suscettibilità individuale e di genere

26/05/2020

Scienza, cultura e ricerca

Le donne rispondono meglio all’infezione del nuovo coronavirus, con un decorso meno grave della malattia e un tasso di sopravvivenza più elevato. Uno dei motivi potrebbe essere associato al maggiore assortimento e variabilità del background genetico delle donne rispetto agli uomini, sebbene studi strettamente di “genere” potrebbero nel lungo termine invertire questo trend.

Ma quali sono i geni e i meccanismi molecolari coinvolti in queste differenze? E quali i possibili risvolti clinici per la cura del COVID-19? A seguire questo filone di ricerca c’è anche il team guidato dal professor Donato Gemmati del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara.

I dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), così come quelli provenienti dai primi studi in Cina, hanno mostrato che il tasso di mortalità del COVID-19 è circa dell'1,7% nelle donne, rispetto al 2,8% degli uomini che hanno contratto il virus. Inoltre, dai dati raccolti negli ospedali di Hong Kong è emerso che gli uomini ricoverati in terapia intensiva sono circa il doppio delle donne, e lo stesso andamento è stato riscontrato in Europa.

Partendo da queste evidenze, il gruppo di scienziati Unife ipotizza il coinvolgimento di alcuni assetti genetici che caratterizzano il DNA delle donne - collegati al cromosoma sessuale X - che potrebbero essere coinvolti nei meccanismi di risposta all’infezione e progressione della malattia.

“Abbiamo approfondito in particolare il ruolo di ACE2, il recettore principale di cui il virus si serve per fare ingresso nelle cellule umane. Poiché il gene ACE2 è localizzato sul cromosoma X, è possibile ipotizzare che le donne possano esprimere differenti varianti, o varianti maggiormente eterogenee, del recettore ACE2. Infatti le donne hanno potenzialmente due differenti copie (alleli) di questo gene, a differenza degli uomini che ne possiedono solo una. Tale variabilità potrebbe essere uno dei meccanismi alla base del sex-gap osservato” chiarisce il Prof. Gemmati.

Sul cromosoma X sono presenti anche numerosi geni coinvolti nella cascata infiammatoria che, come noto, si attiva a livello polmonare e sistemico quando si entra in contatto con SARS-CoV-2.

“Anche altri geni, direttamente o indirettamente coinvolti nel meccanismo molecolare RAS, potrebbero avere un fortissimo impatto sulla prognosi dei soggetti infetti. Ad esempio, spostare l’attenzione verso il gene ACE1, e le cosiddette terapie degli “ACE-inibitori”, potrebbe essere utile per identificare target terapeutici mirati in pazienti geneticamente selezionati”, precisa il professore.

“In attesa di un vaccino efficace e sicuro, tra i principali obiettivi della nostra ricerca vi è la comprensione dei meccanismi genetici che sono alla base della suscettibilità individuale e la scelta personalizzata su base farmacogenetica di farmaci già noti quali anti-infiammatori, anti-coagulanti e anti-malaria, al fine di ottenere un più mirato riposizionamento degli stessi e una efficace riduzione delle complicanze più severe del COVID-19”, conclude il prof. Gemmati.

Figura per_Notizie in primo piano.jpg

Rappresentazione schematica del meccanismo molecolare renin–angiotensin system (RAS).

Le ipotesi del gruppo di ricercatori sono state recentemente pubblicate sulla rivista International Journal of Molecular Sciences nell’articolo originale: COVID-19 and Individual Genetic Susceptibility/Receptivity: Role of ACE1/ACE2 Genes, Immunity, Inflammation and Coagulation. Might the Double X-Chromosome in Females Be Protective against SARS-CoV-2 Compared to the Single X-Chromosome in Males?.  Inoltre, sono state presentate e discusse dalla prof.ssa Veronica Tisato al 13th International Conference on Genomics and Molecular Biology (Webinar Conference).


Oltre al professor Donato Gemmati, hanno contribuito all’articolo le professoresse Barbara Bramanti, Maria Luisa Serino, Paola Secchiero, Veronica Tisato e il professor Giorgio Zauli.

L’impegno di Unife nella ricerca su Covid-19

L’Università di Ferrara partecipa allo sforzo per la ricerca di terapie, sistemi di diagnostica e di rilevazione del nuovo coronavirus insieme alla comunità scientifica internazionale. Sul sito dell’Ateneo è possibile visionare i progetti di ricerca già in corso e le proposte scientifiche elaborate nel nostro Ateneo suddivise per ambito di studio.

di CHIARA FAZIO