IL RECUPERO DEL PATRIMONIO ARCHITETTONICO DIFFUSO. Dalle indagini per “fragmenta” ad una visione olistica del bene tutelato: il caso di Castel Belasi in Val di Non

last modified May 03, 2010 11:11 AM
Fabio Bartolini, Architetto

Prediligiamo la patina del tempo, ben sapendo che è prodotta da mani sudate, da polpastrelli unti, da depositi di morte stagioni;
la prediligiamo per quel lustro, e quegli scurimenti, che ci ricordano il passato e la vastità del tempo
Tanizaki Jun'ichiro, “Libro d'ombra”, 1933

 

Questa frase di un grande scrittore giapponese rende perfettamente l’emozione di ritrovare, dietro il velo del passato, le testimonianze del sapere umano, le memorie di un mondo che ci invia ancora segnali di pura poesia. Siamo nel Castel Belasi, nel Comune di Campodenno, nella parte bassa della Val di Non dove una serie di episodi architettonici ha creato un vero palinsesto dove è possibile leggere le tracce, non ancora completamente perdute, di una storia affascinante. Il castello, ora in corso di restauro, fu ricostruito e ampliato più volte fino al Settecento quando fu adattato a residenza nobiliare; nel corso dell’Ottocento iniziarono incurie e degrado, poi qualche tentativo di restauro negli anni successivi alla prima guerra mondiale, infine l’abbandono nei primi anni Sessanta  del secolo scorso. Il castello è stato oggetto, in questo ultimi anni, di una serie di analisi che lo ha esaminato in tutte le sue parti. Dopo queste rigorose indagini nelle quali i vari frammenti del complesso hanno svelato particolari importanti e nelle quali la componente tecnica e scientifica è stata determinante, è apparso con evidenza il dato che la visione olistica del bene rischiava di andare persa. Si perdeva proprio quella componente di anima corrosa dal tempo che l’etnologa Anita Seppilli ha così descritto : “...noi crediamo di vivere nell’oggi; ma l’oggi è nulla o quasi nulla di fronte alla potenza di un passato remotissimo che ci attanaglia e domina i nostri pensieri; un passato dei cui valori segnici abbiamo perduto la conoscenza...” La domanda che ci ponevamo era questa:il progetto ha anche tolto la sacralità della forma? Quale è il confine tra tecnologia e memoria? Memoria vista come una scatola catottrica, dove le immagini si moltiplicano in una tendenza entropica sempre insita nel progetto  caratterizzata da due aspetti: atonalità e diacronia. 
L’ atonalità trova nelle indagini le sue ragioni per riscattarsi ma il fattore temporale sfugge per la sua naturale essenza. Togliere all’oggetto il fattore temporale significa bloccarlo ed ucciderlo definitivamente; solo nell’accettazione del suo futuro degrado lo stesso può continuare a respirare. Progettare il degrado prendendone atto, non bloccare lo scorrere del tempo, lasciare spazi all’accadimento, lasciare vuoti da colmare.
Nel Castel Belasi a seguito delle avverse condizioni atmosferiche registrate nel corso dell’inverno 2008-2009 erano stati riscontrati danni nella porzione occidentale della cortina con collassi della muratura.Tutta la porzione sommitale delle murature, per alcuni metri, presentava i filari di conci mantenuti in posizione più dalla forza di gravità che non da malte di allettamento. Le malte di allettamento risultavano infatti essere estesamente disgregate, fino alla polverizzazione. La muratura sommitale era ridotta a semplice accumulo di conci lapidei, ove l’originaria malta risultava spesso conservata solamente alla loro base, in letti sciolti.
Gli interventi progettati sono stati tutti finalizzati al massimo recupero ed alla massima valorizzazione delle preesistenze storico-monumentali, anche se solo residuali, ed hanno inteso favorire la fruizione e la comprensione del patrimonio conservato . Lo stato gravissimo di conservazione e l’instabile equilibrio realizzatosi richiedevano urgentemente interventi di messa in sicurezza che riducessero i rischi immediati di crollo e l’esponenziale aumento del degrado. Il progetto ha perseguito il recupero sia strutturale che conservativo delle superfici e dei corpi  murari. L’intervento è stato preceduto da una fase preliminare di trattamento biocida ed accurata pulitura delle superfici murarie, che sulle porzioni sommitali è stato reso particolarmente complesso dalla presenza di depositi stratificati e dalla scarsissima adesione di parte dei conci. Le operazioni di restauro sono proseguite con lo smontaggio ed il rimontaggio per anastilosi delle porzioni murarie sommitali ancora integre ma ormai private di ogni capacità meccanica a causa del dilavamento dei leganti ad opera delle acque meteoriche. L’intervento è stato possibile grazie alla documentazione precedente. Il fattore temporale è stato recuperato attraverso la realizzazione di parti di muratura di sacrificio, realizzata per alcuni corsi al di sopra delle strutture murarie originarie: l’intervento ha lo scopo di offrire al futuro degrado alcuni corsi di muratura di nuova realizzazione, garantendo così una maggiore conservazione delle strutture storiche. L’intervento è stato realizzato in presenza di parti sommitali lacunose .Queste nuove porzioni di muratura, frutto di ricostruzioni di sacrificio, sono state delimitate dalla muratura originaria (anche da quella frutto di ricostruzione per anastilosi) mediante allettamento, nell’interfaccia, di laminette di piombo con la data che ne consentano il riconoscimento all'osservazione ravvicinata.

 

Crediti 

Ricerca storica ed iconografica:  Arch. Fabio Bartolini
Indagini  : Saggi stratigrafici, sondaggi, analisi,prove, scavi archeologici, ortofotografie ,restauro affreschi Cappella S.Martino ecc..
Progetto e Direzione lavori: Arch. Fabio Bartolini
Progetto lavori di somma urgenza a seguito dei danni provocati dalle nevicate durante l’inverno 2008-2009 : Arch. Fabio Bartolini e Dott. Massimiliano D’Ambra - ArcheoEd s.r.l.

 

Profilo dell'Autore

Fabio Bartolini si è laureato a Roma nel 1977 con il massimo dei voti . Architetto e studioso vive con passione le arti, tra operatività e ricerca, con il cuore nel passato e l’anima nel futuro.  Premiato nel 1984 al Concorso Nazionale per il progetto di nuove fontane per Roma, nel 1986 segnalazione speciale della giuria al Concorso per una nuova piazza a Mezzocorona, premiato nel 1991 al Concorso Internazionale “il mosaico come linguaggio di architettura” per il progetto di restauro di un castello in Trentino. Tra i suoi lavori più rilevanti si segnalano i restauri del Palazzo Morenberg e della chiesa di S. Maria a Sarnonico, Casa Marta a Coredo, Casa De Gentili a Sanzeno, il Convento dei Frati Francescani a Cles, il Palazzo della Vicinia a Mezzocorona, le chiese dei SS. Fabiano e Sebastiano a Cavareno e di S. Antonio Abate a Pelugo ( monumento nazionale).
Attualmente sta seguendo il restauro di tre castelli, tutti nella parte bassa della Val di Non: Castel Corona, Castello Sporo -Rovina e Castel Belasi.Nel campo della progettazione si ricordano: le nuove scuole elementari di Taio,la piazza di Passo del Tonale, il campo di golf di Sarnonico con la sua club-house, sette stazioni di servizio in Provincia di Trento ecc…
E’ autore di saggi ed articoli sui beni artistici e sul tema del mito e dei simboli. Nel 2000 ha pubblicato “ Sporminore, segni e memorie”, nel 2005 “La chiesa di S. Lorenzo a Sarnonico”.  Ha ideato ed organizzato mostre su artisti quali : Fortunato Depero, Umberto Mastroianni, Bartolomeo Bezzi . Nel 2003 ha realizzato la mostra “Claudio Abbado, volare con la musica” che ha accompagnato la tournée in Italia del Maestro con i Berliner Philarmoniker.  Dal 2000 ha iniziato un percorso di ricerca sul territorio come palinsesto e sul tema della memoria in collaborazione con il Comune di Bibbona ( Livorno) con una serie di progetti ed iniziative culturali. Ha sogni estremisti: avere tempo per la poesia e la musica e soggiornare tra Toscana e Giappone per vivere quella personale dimensione in cui la forma è vuoto e il vuoto è forma.