FRAMMENTI DI STORIA PER DISEGNARE NUOVE TRAME NEL PAESAGGIO IN LIGURIA

last modified May 03, 2010 03:06 PM
Manuela Salvitti, Architetto

Perchè parlare della Liguria? In primo luogo per esperienza diretta e personale, dovuta al mio lavoro, ma anche perchè, pur non essendoci nata ma vivendoci ormai da molti anni, ritengo che questa Regione appartenga ai miei luoghi della memoria e faccia parte del mio patrimonio identitario, e tutto ciò penso possa contribuire a migliorarne il trasferimento delle conoscenze e il suo racconto. In secondo luogo perchè la Liguria è sicuramente una regione dove il paesaggio, forse più che altrove, testimonia la sua immanenza, la sua necessità.  Penso che questo sia dovuto in primis alla sua geografia che, per citare Quaini, ne L’ombra del paesaggio, è propria del viandante piuttosto che del cartografo. “La forma in cui le nostre abitudini ci rappresentano la Liguria è non d'una superficie ma d'una linea, o meglio d'una strada, che segue approssimativamente l'arco della sua costa , da Ponente a Levante. Una regione cresciuta tutta lungo una strada: è davvero così? Certo, se pensiamo allo sviluppo della Liguria durante gli ultimi cent'anni, quest'immagine si avvicina alla verità. Cioè da quando una ferrovia, una strada carrozzabile, e ora autostrada, collegano i centri delle due Riviere, lungo quella linea che si è soliti chiamare la Via Aurelia”, ma, continua Calvino, “la storia e la realtà profonda della regione smentiscono quest'immagine lineare, e ne propongono una molto più complicata” (I. Calvino, ……, Saggi Mondadori-Meridiani, 1995). Sulla scorta delle considerazioni rilevate dalla lettura cartografica, areo-fotografica, documentaria, si comprende l’importanza che questa regione ha rivestito sin dall’antichità per il passaggio e il movimento di uomini e merci fra le zone tirreniche e la pianura del Po, mettendo a sistema le valenze portuali della costa con le vie di comunicazione per il centro e il nord dell'Europa centro-occidentale.  Terra di frontiera, di percorsi e percorrenze, dove i crinali delle montagne che ne delimitano i confini, sono i limiti da superare, da varcare, ma che prima ancora costituivano le linee di unione tra ciò che c’era al di qua e al di là di essi e  attraverso i quali avvenivano gli scambi fra popoli e culture diverse. La Liguria attraversata e raccontata da poeti, pittori, scrittori che ne hanno descritto ed esaltato i suoi scorci, le vedute, gli odori e i sapori e il carattere ruvido e tenace della gente, si apre allo sguardo del visitatore da molteplici punti di vista: dall'alto e dal basso, da ponente e da levante, dalla montagna e dal mare, offrendo sempre scenari, sfondi e profili diversi delle sue forme, della sua anima e di tutto ciò che in essa accade. La Liguria che cambia e si trasforma per effetto della storia e a secondo da dove la si guardi.  Terra lunga e sottile, stretta tra la montagna e il mare dove i segni della storia si sono sempre sovrapposti e stratificati compulsivamente e nello stesso tempo con una capacità straordinaria di invenzione, non trovando altri spazi per fondarsi se non su se stessi.  Terra delle diverse identità o meglio terra che ha ispirato diversi racconti identitari:  La Liguria della degli agrumeti,degli uliveti, degli orti, e dei fiori,la Liguria contadina che dà le spalle al mare, la Liguria in ombra che guarda alla montagna, la Liguria dell'entroterra che conta poco, fuori dalla storia.  Scrive C. Brandi “In Liguria protagonista è la terra, non il mare. In troppi altri posti è più bello. In pochi altri, invece, la terra è più vestita e gradevole, con i suoi densi alberi, i suoi fiori, i suoi rari filari di viti, e gli ulivi nebbiosi”. La Liguria del mare e dal mare, meta degli otii estivi e di villeggiatura, delle marine e dei borghi di pescatori, delle grandi chiese e delle facciate dipinte, la Liguria esposta al sole e alle grandi pressioni speculative.  “Nelle giornate limpide si abbraccia dal mare, con un solo sguardo, tutta la Liguria. o quasi tutta, nel grande arco che va da Capo Mele fino a Punta Bianca, il promontorio che separa La Spezia da Bocca di Magra. Chi naviga in mezzo al golfo ligure vede tanto mare azzurro, la plaine liquide, la pianura liquida che incantava Fernand Braudel, scintillante , invitante, decorativa, e tutto intorno al mare il profilo delle montagne, una lunga striscia verde rosa, disposta a semicerchio, orlata di neve quando è inverno e l'aria è tersa e pungente” (Piero Ottone, Attraverso l'Italia. Liguria, Touring Club Italiano, 1987). La terza ed ultima ragione, non meno importante, che mi ha indotto a parlare dell’esperienza ligure è dovuta al fatto che la Liguria è stata sempre considerata, e continua ancora ad esserlo, all’interno del dibattito sul paesaggio e l’urbanistica un territorio sperimentale per le politiche pianificatorie e per il loro rovescio della medaglia: per ciò che in sintesi chiamiamo  la speculazione edilizia.  Pensiamo alla rapallizzazione, neologismo coniato da G. Bocca negli anni sessanta, per indicare un' urbanizzazione senza regole e misure; al romanzo “La speculazione edilizia” di Italo Calvino che ci parla di una cittadina della Riviera ligure, presa ad emblema della crisi di valori che permea il Paese nel secondo Dopoguerra e dei profondi mutamenti sociali che investono l'Italia negli anni della industrializzazione. Infine, ai giorni nostri, al pamphlet intitolato “Il partito del cemento” (Marco Preve e Ferruccio Sansa), dove la Liguria viene descritta appunto come “una strategica bottega di sperimentazione” delle nuove pratiche speculative e come una Regione dove il paesaggio sta sparendo, come una specie in via d'estinzione, chiedendosi se la colpa di tutto ciò sia dei “grandi predatori, oppure della instancabile voracità di una specie locale: i liguri”. La Liguria è stata anche la prima regione Italiana a dotarsi di un Piano paesaggistico che copre l'intero territorio regionale, il primo piano a non fare distinzioni tra paesaggio vincolato e non, anticipando, in questo, politiche di tutela e pianificazione che hanno visto la loro ratifica nel Codice dei beni Culturali e prima ancora nella Convenzione Europea del Paesaggio. Da quanto sopra detto scaturisce l’immagine di una Liguria che fatica a trovare un nuovo equilibrio tra le sue diverse identità e a disegnare il proprio destino. Massimo Quaini, da profondo conoscitore di questa terra, si domanda in quale passato la Liguria pensa di ritrovare il proprio futuro:Quello ereditato dal “secolo dei genovesi” e della mentalità futurista, la regione-movimento”, crocevia di traffici, quello più tipicamente post-moderno del trionfo della logistica con i suoi ingombranti raccordi autostradali e ferroviari e i cumuli di container che già connotano le maggiori città portuali, al quale il territorio locale fa da sfondo invisibile, oppure al passato di una indomabile, per quanto minoritaria e marginale, Liguria rurale che propone la scoperta delle sue valli e la valorizzazione di un patrimonio diffuso di cultura e di saperi, oltre che di sapori?  La risposta è certamente nello sforzo di trovare una feconda ricongiunzione fra una e più ligurie del passato e una o più ligurie del presente fra le quali scegliere la Liguria del futuro da costruire. Obiettivo da raggiungere certamente non facile, ma che potrebbe tradursi in un progetto del paesaggio che prima ancora di arroccarsi in regole conservative, tenda alla produzione di valori, al riparo tanto dalle regressioni nostalgiche nella tradizione quanto dall’accettazione acritica e passiva delle spinte modernizzatrici, con riferimento diretto alle diverse dinamiche che attraversano la società contemporanea. La Liguria inoltre costituisce una sorta di termometro dello stato di salute del paesaggio italiano.  Negli ultimi due anni essa è apparsa sui titoli dei giornali per un primato, certo non invidiabile in fatto di tutela, figurando infatti al primo posto nella graduatoria delle regioni italiane che, fra il 1900 e il 2005, hanno seppellito sotto il cemento la quota maggiore di paesaggio. Non vi annoierò con numeri, dati o rilievi ISTAT che sicuramente riportano sempre una parte della verità e sono comunque differentemente interpretabili, certo è che l'allarme lanciato sulla Liguria investe tutto il Paese Italia e i dati emersi dal convegno “Paesaggio italiano aggredito: che fare?”, presieduto da V. Emiliani e organizzato dalla provincia di Roma e dal Comitato per la Bellezza, il 25 ottobre 2007, definiscono un fenomeno più che mai preoccupante che richiama la necessità urgente di riaprire una stagione di serie inchieste sullo stato del paesaggio italiano e un nuovo dibattito volto a trovare mezzi efficaci per invertire questa tendenza autodistruttiva.  A tutto questo vanno ad aggiungersi nuove deregulation come il Piano casa o il nuovo disegno di legge sul condono edilizio, che aprono ancora scenari inquietanti per chi ritiene si debba frenare il crescente consumo di territorio e distruzione del paesaggio italiano. Allora, ha ancora senso parlare di paesaggio? Quali sono le ragioni attuali della questione paesistica? A domande come queste occorrerebbe tentare di rispondere se si vuol capire il ruolo del progetto di paesaggio in rapporto alla conservazione di quel patrimonio di valori naturali e culturali che nel paesaggio trovano espressione riassuntiva. Non sarò io qui a farlo, anche perchè risposte certamente più autorevoli possono essere date e sono state date da nomi illustri che sono parte fondante della cultura italiana e del dibattito intorno al paesaggio.  Penso comunque che la tutela del paesaggio non possa certo tradursi in una sterile difesa dello status quo o nel vano inseguimento di un ritorno alla natura incontaminata lontana da ogni influenza antropica. Al contrario la questione paesistica mette a nudo le responsabilità del progetto, il dovere di affrontare progettualmente i grandi cambiamenti che la sociètà richiede ed impone, cercando di coniugare l’umiltà della comprensione con il coraggio dell’innovazione.  Il mio intervento è volto a testimoniare un lavoro, che tenta di attuare una visione integrata e territoriale della conservazione che, come afferma Salvatore Settis, concepisce come un tutt'unico il paesaggio, le città, i villaggi, gli edifici, i quadri, i manoscritti e i musei, e di far dialogare, attraverso il progetto la ragione logistica con la ragione paesistica, poetica e storica, nella convinzione che senza un paesaggio non possiamo raccontarci e quindi non possiamo esistere nemmeno consapevolmente. Gli studi e progetti su cui ho avuto modo di lavorare, hanno interessato molteplici aspetti della Liguria e cercano di mettere a sistema le tracce lasciate dalla sua storia, immaginando un percorso ideale che da levante, ai piedi delle Alpi Apuane e alla foce della Magra, si sposta a ponente passando da Porto Venere, le Cinque Terre, per arrivare attraverso l’Aurelia al promontorio della Capra Zoppa, a Finale Ligure, e si inerpica nell’entroterra, dalla piana di Albenga, fino alle pendici dell’appennino. Ma questo viaggio potrebbe continuare sconfinando oltre i limiti politici e nazionali di questa regione, confrontandosi con le terre limitrofe in uno scambio reciproco di appartenenze, specificità, per trovare nel progetto un luogo comune dove far incontrare le differenze e far nascere nuovi valori identitari.

 

 

Profilo dell'Autore

Laureata in architettura presso l’Università degli Studi di Roma “ la Sapienza”, esercita la libera professione nello studio G&P architetti Associati (Geria, Paino e Salvitti) e con diversi studi professionali romani fino al 1993. Nello stesso anno, a seguito di concorso pubblico, è assunta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) nel ruolo di architetto direttore presso la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria, dove svolge attività di tutela in qualità di funzionario di zona per trentacinque comuni del ponente Ligure (provincia di Savona), coordina l’ufficio tutela paesistica e progetta e dirige alcuni cantieri di restauro.  Distaccata dal 2001 presso la Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali della Liguria, ora Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, coordina i progetti di recupero paesistico-ambientale, finanziati con Fondi Lotto dal MiBAC, situati nel Parco delle 5 Terre e sull’isola Palmaria (Portovenere) e coordina come responsabile scientifico per il Ministero la Guida agli interventi di recupero dell’edilizia diffusa nel Parco Nazionale delle 5 Terre, pubblicata dalla Marsilio nel 2006. Nel 2006 nell’ambito del concorso di riqualificazione della Pubblica Amministrazione è assunta in ruolo alla Direzione Regionale della Liguria con la qualifica di architetto direttore coordinatore.  Attualmente svolge attività di coordinamento per le attività di controllo e di tutela inerenti il paesaggio sull’intero territorio ligure ed è impegnata nell’elaborazione dell'intesa con la Regione Liguria per la redazione congiunta dei piani paesaggistici, secondo quanto disposto dal Titolo III del D.Lgs. 42/2004. Segue cantieri di restauro in qualità di progettista e direttore lavori (fra cui la chiesa di S. Sisto a Genova, Palazzo Reale di Genova, Museo Tecnico Navale dell’Arsenale Militare di La Spezia,) e svolge il ruolo di Responsabile Unico del Procedimento ai sensi del D.Lgs 163 del 2006, per la realizzazione del progetto di restauro e recupero dell’ex caserma Crespi per l’archivio di Stato di Imperia, del progetto di recupero ambientale dell’insediamento rurale di Caginagora nel comune di Riomaggiore (sito UNESCO), del progetto di recupero ambientale inerente la demolizione dello “scheletrone” sull’isola Palmaria (sito UNESCO), del progetto per l’area archeologica di Luni nel comune di Ortonovo(SP) “Recupero ed estensione degli scavi. Rilancio Turistico dell’area attraverso un più agevole collegamento autostradale” finanziato con fondi ARCUS 2003/04 e 2006/2008 e collabora inoltre come progettista con il dott. Archeologo Roberto Maggi al progetto di valorizzazione della “Caverna delle Arene Candide” sito dove sono visibili le sezioni stratigrafiche del deposito neolitico.  E’ il referente del MiBAC per l’elaborazione dei piani di gestione del sito UNESCO “Portovenere Cinque Terre e Isole Palmaria Tino e Tinetto”. Svolge inoltre didattica all’Università degli Studi di Genova come titolare del corso di “Tutela e valorizzazione del paesaggio”con la Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio e collaborando con attività seminariali al corso di Urbanistica 2. Nel 2009 accede alle graduatorie dei dirigenti di seconda fascia del Ministero per i beni e le attività culturali, superando il concorso pubblico per titoli ed esami a 11 posti di dirigente, professionalità architetti.