L’ampliamento delle Gallerie dell’Accademia di Venezia

last modified May 03, 2010 04:31 PM
Renata Codello, Architetto

La Scuola dell’Accademia di Belle Arti di Venezia si è trasferita nella nuova sede, appositamente restaurata, dell’ex ospedale degli Incurabili alle Zattere. Questo evento non solo consente l’ampliamento delle Gallerie ma risolve il problema, ormai non più rinviabile, della pericolosa promiscuità tra due istituti sottoposti a differenti regimi normativi.
La disponibilità del piano terreno della Scuola e della Chiesa della Carità, del palladiano Convento dei Canonici Lateranensi e delle altre strutture annesse attribuisce alle Gallerie ulteriori 6.000 mq, tanto che lo spazio oggi esistente risulta più che raddoppiato. E il complesso giunge così a 12.000 mq di superficie, inclusi i nuovi spazi per servizi tecnici.
Nel 1807 il complesso della Carità, comprensivo di chiesa, scuola, canonica e ospedale viene destinato a sede della nuova Accademia di Belle Arti. Non molto dopo Antonio Selva è incaricato di “rinvenire il disordine negli stabili”, e attua una prima radicale ristrutturazione del complesso dividendo orizzontalmente la chiesa; con ciò ricavando ambienti per la scuola al piano terreno e un grande spazio espositivo al piano superiore. Più rispettosamente opera nella ristrutturazione del Convento palladiano. E lascia il progetto di un nuovo corpo nel sito di vecchi magazzini del legname. Da questo ultimo intento progettuale parte la realizzazione di Francesco Lazzari, suo allievo. Infatti, dopo la morte del maestro, Lazzari costruisce due saloni consecutivi formando una sorta di lungo corpo a riquadro del grande cortile interno; proiettato dal convento palladiano verso i vani dell’antico ospedale della scuola della Carità.
Succedono nel tempo vari interventi edilizi e di allestimento, paralleli a contemporanee operazioni di riorganizzazione della Pinacoteca; fino alla costruzione ottocentesca dell’ala nuovissima di raccordo tra gli ambienti già della scuola e le sale del Lazzari; e agli ultimi interventi di complessivo riordino di Carlo Scarpa, tra il 1945 e il 1960, che conferiscono alle Gallerie l’immagine attuale.
La Pinacoteca, che pur ha un ruolo prevalente nell’ambito delle istituzioni museali europee, risulta oggi eccessivamente affollata e carente di servizi.
Ma il nuovo spazio acquisito, in seguito alla liberazione del piano terreno dalla scuola, può conferirle la consistenza e l’aspetto che l’istituzione pretende.
L’unificazione dei due piani sovrapposti consente innanzitutto di sciogliere il nodo intricato dei percorsi, dipanandolo in un filo pressoché continuo che procede dall’ingresso all’uscita; ridisegnando con ciò l’assetto complessivo del museo. Fattore risolutivo è l’introduzione, proprio al centro del complesso, ma nel modo meno invasivo possibile, di una nuova scala e di un gruppo di ascensori.
L’ingresso principale resta nella grande sala terranea, attraverso la bussola di Carlo Scarpa. Il grande vano, nel quale ha sede la biglietteria, ha funzione di attesa, orientamento e smistamento del pubblico. Vi affaccia il guardaroba, rasentando il quale si accede ai musei.
Il percorso procede attraverso l’ala nuovissima, le ampie sale del Lazzari e l’ala palladiana fino a raggiungere la nuova scala e gli ascensori. Al piano primo il tragitto è indirizzato in senso orario, vale a dire inverso a quello odierno, e termina nello scalone doppio che conduce nella grande sala di ingresso. L’uscita è laterale e attraversa il piccolo cortile ed la loggia che oggi costituiscono l’ingresso alla scuola d’arte.
Al piano terra lo spazio corrispondente alla chiesa della Carità è destinato a riunioni fino a 100 persone e a mostre temporanee; a tal fine è infatti particolarmente allestito e dotato di proprio ingresso con biglietteria e guardaroba.
Il pubblico ha a disposizione un servizio di caffetteria situato in prossimità dei percorsi verticali centrali e aperto verso il cortile palladiano, nel quale sarà allestito un giardino delle sculture e si potrà ammirare la splendida facciata realizzata da Andrea Palladio nel 1561-1563.
Viene mantenuto il bookshop al primo piano e ne è istituito un secondo al piano terra, nella sala di ingresso, in modo da essere aperto al pubblico prima dell’ingresso al museo. Gli spazi di vendita sono integrati da adeguate aree di sosta.
Al piano secondo restano, opportunamente riordinati, i vani di deposito e di laboratorio per il restauro della carta. Il museo viene dotato di un laboratorio di restauro dei dipinti e di un nuovo laboratorio fotografico. Una sala di regia, dotata di strumentazioni tecnologiche avanzate, permetterà il controllo di tutte le sale e dei complessi sistemi impiantistici di sicurezza.
Uffici e nuovi locali di spogliatoi e servizi igienici per il personale sono disposti al piano ammezzato, tenendo anche conto dell’aumento di organico che l’ampliamento comporta.
Nuovi servizi igienici, in numero adeguato al flusso dei visitatori, si estendono al piano interrato, serviti da scala e ascensori.
Il piano interrato accoglie anche gli spazi per tutti i nuovi impianti con prese d’aria opportunamente disposte nel cortile centrale che saranno integrate alla collocazione di opere all’aperto fino a configurare un giardino delle sculture.
Sono adottati i provvedimenti necessari a rendere le Gallerie adeguate alle norme antincendio e, mediante rampe e elevatori, si è curato l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Le Gallerie, in tal modo completamente rinnovate, sono dotate di tutti i servizi che caratterizzano un grande museo moderno. Ma la assoluta preminenza dell’istituzione si fonda sulla eccezionalità delle opere esposte.
Il nuovo spazio, guadagnato con l’ampliamento al piano terreno, procede attraverso l’ala nuovissima e il corpo doppio del Lazzari che può accogliere grandi tele di nuova acquisizione o provenienti dai depositi. Segue il corpo palladiano con varie sale espositive e l’antistante galleria destinata alla gipsoteca. Sono quindi visibili il tablinum e la famosa scala a lumaca palladiana. Il percorso confluisce nella scala che conduce al piano superiore ove è invertita la sequenza delle sale; dall’attuale sala XXIII si è condotti alla I e quindi al doppio scalone attraverso il quale si guadagna l’uscita.
Al piano primo il visitatore incontra, innanzi tutto, il grande vano corrispondente alla chiesa della Carità che oggi ospita i grandi eventi espositivi delle Gallerie e che, in futuro, saranno accolti nel corrispondente spazio della chiesa al piano terra destinato a mostre temporanee.
Al visitatore appaiono i grandi teleri di Vittore Carpaccio con le Storie di sant’Orsola e della Reliquia della Croce e, inoltrandosi verso il lungo corridoio palladiano, una serie di opere di autori settecenteschi tra cui Canaletto, Francesco Guardi, Giambattista Tiepolo, Pietro Longhi. Il corridoio palladiano ospita ancora opere settecentesche; mentre nelle celle contigue primeggiano Jacopo Bassano, Jacopo Tintoretto e Tiziano con la sua Madonna col bambino.
A questo punto del percorso il visitatore attraversa, in sequenza, le due grandi sale del Lazzari; la prima accoglie grandi tele di Leandro Bassano, Bernardo Strozzi, Giambattista Tiepolo, Luca Giordano, Jacopo Tìntoretto, Bonifacio Veronese e Pordenone; la seconda altrettanto grandi tele di Tiziano, Jacopo Tintoretto e Paolo Veronese con l’immenso Convito in casa Levi che occupa un’intera parete della sala.
Nell’ala nuovissima sono distribuiti dipinti di Tiziano, Jacopo Tintoretto, Paolo Veronese, Lorenzo Lotto, Pier della Francesca e Giorgione, del quale le Gallerie posseggono il suggestivo dipinto de La tempesta.
Il percorso termina con la sala delle pale di altare del quattrocento, dovute a Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Cima da Conegliano e, infine, con la grande sala dei Primitivi, dalla quale la doppia scala discende verso l’uscita. Ma l’altissima qualità delle opere esposte, e solo riassuntivamente citate, non esaurisce la singolare realtà del museo: suo cuore nascosto è il piccolo foglio del supremo Homo ad circulum leonardesco.
Per valorizzare questo straordinario patrimonio è stato necessario fare uno sforzo progettuale ulteriore. Alcune importanti questioni tecniche ci hanno anche indotto ad ampliare il campo strettamente architettonico del nostro tema per invadere l’ambito della progettazione industriale. E’ il caso della ideazione e realizzazione delle macchine per il condizionamento e degli apparati per l’illuminazione. Questa evasione di campo, nella prassi del modo di lavorare di Tobia Scarpa, che ha progettato con noi l’ampliamento delle Gallerie,  diventa essenziale in quanto permette di definire, di profilare meglio l’aspetto formale del percorso progettuale. Vale a dire che non è il concetto di bello che produce il bello ma la complessità dell’armonia tra sé stessi e le cose. Dunque, anche il tema, forse marginale ma necessario, di come si dovranno illuminare le opere d’arte e in quale maniera saranno protette. E’ un lavoro che esula dalla progettazione e diventa sperimentazione: un percorso che è stato possibile seguire fino alla fine grazie alla generosità che nasce spontaneamente come quando un individuo incontra un suo simile. In questo caso l’incontro è avvenuto con le aziende che hanno collaborato con noi fino all’esaurimento del tema, producendo una significativa comprensione del fenomeno dell’illuminazione e del controllo dell’ambiente. Ricerca e progetto continuano, ancora oggi, portando al perfezionamento dei risultati. 
Nel caso delle Gallerie dell’Accademia il tema illuminotecnico si è dimostrato particolarmente complesso e suscettibile di continui aggiustamenti. Per esempio, è recente l’adozione nei corpi illuminanti di un assorbitore di raggi parassiti e l’aver scoperto che l’angolo di apertura del corpo illuminante più è stretto più rende stupefacente le resa. E, ancora, è di grande interesse aver verificato che l’adozione della mobilità per 360 gradi sui 3 assi cartesiani nella direzione delle luci permette di illuminare non solo l’opera, ma lo spazio che a sua volta emerge come opera in sé. Molto spesso, possiamo dire con rammarico, nulla conosciamo correttamente. L’esperienza derivata dalle molte prove che abbiamo fatto, approfittando di occasioni straordinarie come le mostre temporanee, allestite alle Gallerie dell’Accademia, illuminando i capolavori di Carlo Crivelli e di Giorgione, ci ha permesso di identificare come opera anche l’ambiente che li ospita, mostrandone effetti e relazioni stupefacenti. Uno stupore che riguarda anche l’atteggiamento verso gli elementi di supporto delle opere in quanto esprime la relazione tra luce, opera, ambiente e il fondo su cui posano i capolavori dell’arte veneziana.
Il cantiere è iniziato nel 2005 e sarà concluso, presumibilmente, nel 2009 mantenendo aperta al pubblico la soprastante Pinacoteca. Ciò richiede un esercizio organizzativo particolarmente complesso dato che i lavori si svolgono al centro della città di Venezia, in un’area delicata per attività e flussi turistici. I tempi non potranno essere rigorosamente rispettati anche per garantire la massima sicurezza possibile ai visitatori e alla opere esposte, ma non si può trascurare l’impegno che la direttrice e i dipendenti delle Gallerie, le imprese veneziane che eseguono i lavori, le maestranze e i collaboratori tutti stanno dimostrando per portare a termine questo grande progetto.
 

 

Profilo dell'Autrice

Renata Codello è architetto, soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici  di Venezia e Laguna. Laureata allo I.U.A.V., con il massimo dei voti e dignità di stampa, vi ha svolto attività di tecnico a contratto. 
Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 1996 presso l’università di Genova.
Autrice di numerosi saggi, ha curato con Roberto Masiero, il volume Materia Signata-Haecceitas. Tra restauro e conservazione (Milano, 1990) e l’edizione italiana del testo di A. W. Pugin I veri principi dell’architettura cuspidata ovvero cristiana (Roma-Bari, 1990).
Ha pubblicato Gli intonaci. Conoscenza e conservazione (Firenze, 1996, 1997); Il restauro dell’architettura contemporanea. Carlo Scarpa, aula Manlio Capitolo (Milano, 2000); La nuova Accademia di Belle Arti di Venezia. Cinque progetti per il complesso degli Incurabili (Venezia, 2001); L’intonaco da risanamento a Venezia: sperimentazione sulle murature antiche (Reggio Emilia, 2003), Progettare un museo, (Milano, 2005), La nuova Accademia di Belle Arti di Venezia.Conservazione, restauro e modificazioni del complesso degli Incurabili (Venezia, 2007). 
Ha insegnato alla facoltà di architettura di Genova e alla facoltà di ingegneria di Roma Tor Vergata con il prof. Vittorio De Feo. Dal 2001 è docente di Storia dell'architettura e restauro architettonico presso la facoltà di Scienze Ambientali dell’università degli studi di Venezia Ca’ Foscari.
Ha restaurato a Venezia le opere di Carlo Scarpa: aula Manlio Capitolo, Ponte della Querini, monumento alle Partigiane ai Giardini; biglietteria della Biennale e  del  monumento con la statua di Augusto Murer sempre ai Giardini. Ha redatto il progetto preliminare e diretto i lavori per la nuova sede dell’Accademia di Belle Arti nel complesso cinquecentesco degli Incurabili alle Zattere.  Ha progettato con Tobia Scarpa e dirige i lavori per l’ampliamento delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.