Qualità negli interventi: prospettive

last modified Apr 29, 2010 11:45 AM
Giuseppe Fragasso

Intanto saluto i partecipanti a questo convegno inerente il rapporto tra professione e qualità dell’impresa di restauro. Con il collega ed amico Mirizzi, da molti anni dibattevamo di questo argomento, perché è un argomento che affascina - da una parte - e rende tutti i giorni pericolosa la nostra professione. Perché pericolosa? Perché sbagliare nel restauro significa sbagliare su qualcosa che porterà, nel tempo, non già il segno dell’architetto, ma il peso di questo errore. Troppi monumenti, troppi interventi rivelano il segno dell’architetto nel senso più negativo che esso esprime; sono lieto che oggi i colleghi si stiano confrontando su questo argomento e sono lieto di dare il mio piccolissimo contributo su qualcosa che i relatori, il presidente ed il Soprintendente sinora non hanno ancora toccato: il ruolo dell’architetto all’interno delle imprese di restauro. Molto brevemente: si è detto chi progetta; si è detto qual è la prassi del progettare; si è detto quali sono i canoni, i parametri, i paradigma da osservare; infine bisogna considerare che qualcuno dovrà eseguire queste opere.
Molto spesso ci sono ottimi progettisti e delle pessime realizzazioni. A volte è vero il contrario. Spero da sempre che un maggior numero di colleghi possa indirizzarsi – secondo me anche con successo – a questo settore lavorativo che lascia amplissimi margini. Le imprese di restauro sono, ancora oggi, a mio parere, fortemente sfornite di professionisti adeguati al settore: ci sono imprese che svolgono indifferentemente sia attività di edilizia sia di restauro. La specializzazione, invece, in questo senso è auspicata dalle normative europee e da tutta una serie di leggi di riforma; la stessa specializzazione che noi chiediamo a livello professionale ai progettisti, potrebbe essere richiesta alle imprese che operano nel campo del restauro e, quindi, rendere possibile e necessaria la presenza del professionista-restauratore all’interno di queste imprese, di capacità tecniche ed operative più specialistiche e più specializzate. Il senso dell’antica e moderna arte del costruire è qualcosa che va indubbiamente recuperato e con l’approccio di cantiere possiamo arrivare a formare delle capacità operative mirate.
Dobbiamo intendere la nostra professione nelle imprese come una specie di paragone tra medici ospedalieri e medici universitari: mi sembra che si possa fare anche noi questo discorso richiedendo una specializzazione ante-lauream che si svolga e si sviluppi all’interno dell’università ed una specializzazione post-lauream che potrebbe essere fatta durante il periodo di tirocinio, laddove non supportata dagli studi professionali, sponsorizzata direttamente dallo Stato. Quindi ci potrebbe essere un tirocinio di restauro, per esempio svolto all’interno delle soprintendenze e ci potrebbe essere un tirocinio svolto all’interno delle imprese, un tirocinio notevole, a mio parere, per portare alla specializzazione in restauro.
Mi piacerebbe che il nostro rapporto con la costruzione storica fosse in grado di assorbire tutte le fasi della manutenzione prima di arrivare al restauro. Capire che un colore nel restauro non è il frutto dell’estro dell’architetto quanto piuttosto dell’approfondimento, anche fisico mediante stratigrafie, dello studio del manufatto. Dobbiamo avere il coraggio di dire che oggi Praga è la grande città storica meglio conservata, perché ha generato una manutenzione  diffusa del tessuto del costruito storico. Infine, voglio citare Ruggero Pentrella, già Soprintendente a Firenze, ed ora a Castel Gandolfo, è un carissimo amico e una persona di grande sensibilità: voglio citarvi - giusto perché vorrei aggiungere un ulteriore elemento di discussione - una chiacchierata estiva con lui. Mi diceva: “se qualcuno mi chiedesse di aprire una finestra sulla cupola del Brunelleschi, per un qualunque uso tecnologico, non gli consentirei assolutamente di farlo; ma se qualcuno mi chiedesse di aprire cinque finestre che siano frutto di un progetto, di un linguaggio, di una grammatica del costruire, può darsi che io gli conceda il nulla osta”. Ecco, penso che su questo argomento sarebbe interessante confrontarsi, perché molto spesso la tendenza dell’architetto è di aprire una finestra perché diventi testimonianza del suo intervento in quel restauro; ma solo quando avremo la capacità di aprire cinque finestre a ragione, saremo fieri di chiamarci architetti.