Il progetto contemporaneo nel contesto storico

last modified Apr 29, 2010 12:06 PM
Luigi M. Mirizzi, Componente dell’Osservatorio Nazionale per la Qualità del Paesaggio

Nel mio intervento, così come nel cartoncino d’invito al convegno è scritto: “Oltre il Restauro verso il Recupero e la Riqualificazione”, non mi limiterò a parlare solo del rapporto tra progetto contemporaneo e contesto storico, ovvero al nucleo di Architettura storica consolidata, ma lo estenderò al paesaggio del quale il centro storico è parte integrante.

E’ indiscusso che Paesaggio e Architettura sono intimamente legati e difficilmente scindibili tra loro e che, comunque e sempre, è da porre la massima attenzione al progetto per qualsiasi tipo d’ intervento, affinché questo si inserisca in modo armonico nel contesto, portatore di una sua storia e una sua valenza.
Ricordo che l’ Italia ha avuto un ruolo determinante nello svincolare - nel testo della Convenzione Europea - la definizione di Paesaggio da quella di Ambiente e di Territorio, concetto precedentemente dominante in Europa, ed è riuscita a inserire la Storia come presupposto per tutelare il Paesaggio insieme ai monumenti, all’ archeologia ed a tutto il complesso dei beni culturali.
Queste considerazioni hanno fatto sì che il Codice Urbani interpretasse in pieno il nuovo significato di Paesaggio attraverso un concetto unitario, benché complesso e dinamico.

Il Paesaggio è, quindi, non solo il risultato e la sintesi della storia che noi ereditiamo, ma è qualcosa che và costruita quotidianamente, anche attraverso le inevitabili trasformazioni che lo sviluppo economico, sociale e culturale ci impone.
Ma torniamo al tema che mi è stato affidato, che non è certo semplice da affrontare per la vastità degli argomenti.
n virtù della premessa fatta, pertanto, non limiterò il mio intervento agli edifici esistenti con valenza di Bene Culturale, quindi già tutelati, per i quali ormai vi è una procedura codificata, se non un vero e proprio protocollo sulle modalità e procedure d’intervento per chi si appresta a redigere un progetto di restauro, bensì tratterò anche una serie di temi correlati.

Difatti, a parte il Restauro, che è uno dei principali obiettivi generali da perseguire, vi sono una serie di interventi che vanno dalla riqualificazione e rigenerazione urbana alla manutenzione edilizia, seguendo tecniche e procedure differenziate in relazione ai specifici ambiti d’intervento specifico ambito. 
Le città italiane sono in un atavico ritardo rispetto a quelle europee, oggetto di continui ed eccezionali programmi di rinnovamento.
Berlino, Barcellona e Parigi sono città protagoniste di grandi cambiamenti attuati attraverso piani coordinati di sviluppo economico e di assetto urbanistico in cui grandi aree urbane sono state ridisegnate e risanate.

Nella maggioranza dei casi questi interventi sono avvenuti nel rispetto dell’ambiente e secondo le leggi di un mercato che, da un lato, neutralizzano la speculazione fondiaria e, dall’altro, consentono un’equa redditività degli investimenti.
Dobbiamo avere un obiettivo generale esplicito: sbloccare l’impasse edilizio delle città italiane attraverso una complessa strategia tendente al ridisegno della Città, al Restauro ambientale, al riequilibrio idrogeologico, alla sicurezza degli edifici, alla sostenibilità e alla qualità diffusa, come il recente disastro messinese, uno tra i tantissimi esempi di questi ultimi decenni, ci dovrebbe ancora una volta insegnare.
La sfida della riqualificazione urbana deve essere affrontata attraverso un coraggioso “Progetto strategico” che disegni efficacemente le modalità di recupero e che assegni al macrosettore delle costruzioni un ruolo decisivo nell’importante obiettivo del risparmio energetico, della sicurezza degli edifici, della qualità del vivere e del lavorare nelle nostre città.

Dobbiamo impegnarci con rinnovato impegno civile e con la coscienza di un consapevole “diritto all'ambiente” e alla buona Architettura se vogliamo uscire dalla staticità del momento attuale. 

Occorre abbandonare la politica della crescita illimitata della città e adottare una politica di riqualificazione delle nostre città e dei nostri territori.
Questo è il difficile compito che ci aspetta.

Mi preme, però, ricordare che non esiste nessuna buona Architettura che riesca a salvare una cattiva pianificazione. Vi è l’esigenza, poi, di una profonda inversione di rotta e di una revisione del modo di “pensare l’ Urbanistica e l' Architettura” con la creazione di tipologie eco-compatibili. Oggi esiste una forte domanda di residenze di qualità e occorre, quanto mai, riconvertire la “spazzatura edilizia” in Architettura, salvaguardando, comunque, la “Città stratificata”, l'edificato connotato da unicità e irriproducibilità, i settori urbani e l'architettura di valore culturale, sociale ed economico. Vanno predisposti, inoltre, piani per il restauro del paesaggio sia attraverso il ripristino, anche mediante demolizioni, degli equilibri naturali spesso violati, che attraverso il disinquinamento, il risanamento idrogeologico, la creazione di oasi e aree protette, tendenti a formare sistemi naturalistici sempre più integrati, tali da garantire la salvaguardia del ciclo delle acque e degli ecosistemi. Ritenendo che per la riuscita degli interventi un ruolo decisivo lo ha proprio il consenso sociale, innanzi tutto occorre far comprendere all’opinione pubblica la necessità di avere un Paesaggio di qualità, ovvero la necessità di avere un “prodotto architettonico” di qualità, inserito in maniera armonica nel contesto, attraverso un’ accurata scelta dei materiali, dei colori e delle forme. Interventi del genere significano aggiungere valore ai luoghi in cui le Architetture di qualità si inseriscono. 
Se riuscissimo, in un futuro prossimo, a far interagire in modo propositivo opinione pubblica e operatori economici con quelle che sono le direttive, i piani e i programmi dello Stato e delle Pubbliche Amministrazioni avremo fatto un’operazione di alto valore sociale con notevoli ricadute positive sulle nostre popolazioni.
E’ opportuno che i progetti seguano i processi legati alla democrazia urbana, dalla vasta alla piccola scala.

Solo in questo modo potremo colmare quel gap enorme fra cittadino e i modi di pensiero della politica e della scienza.
Occorre evitare di continuare ad avere un’ Italia fatta di vincoli che nessuno rispetta: perché non tutti sanno perché mai dovrebbero rispettarli.
Se invece riuscissimo a far comprendere ai cittadini quali sono le ragioni per le quali sono stati apposti quei vincoli, quali ricadute sociali e economiche per le loro famiglie comporterebbe il loro non rispetto, chiaramente le cose potrebbero cambiare.

La Legge Galasso, è opportuno ricordarlo, definì e individuò la qualità del paesaggio nell’ insieme di tutti gli elementi che lo compongono, quindi non solo riferiti agli elementi puntuali, ai quali era unanimemente riconosciuto un valore. In questo modo si operò un grande passo in avanti per la difesa del nostro patrimonio storico-artistico e per le innumerevoli bellezze naturali ponendo un freno le minacce che provenivano dai processi di urbanizzazione e, più in generale, di antropizzazione e uso indiscriminato del territorio. 

Il tempo trascorso e gli ulteriori approfondimenti e riflessioni, pur riconoscendo l’opportunità e la bontà delle scelte allora operate, hanno favorito con una maggiore sensibilità collettiva verso questi temi riconoscendo la centralità dei paesaggi agrari e di quelli urbani, la necessità di un minor consumo del territorio e, quindi, di fermare la disordinata crescita delle periferie, ma anche di controllare la dispersione urbana. Non ultimo si sono posti in grande rilievo i temi del surriscaldamento climatico, della ricerca di energie e tecnologie alternative ecosostenibili, delle reti ecologiche, del risparmio energetico, della qualità dell’aria e dell’acqua, ed altro ancora. Tutti temi che dovrebbero far riflettere, nel nostro essere uomini e donne del nostro tempo, su come rimodellare il nostro habitat e lasciare i segni del nostro presente pensando alle generazioni future.

Non dobbiamo temere di utilizzare il contesto storico come dispositivo per creare spazi contemporanei purchè si utilizzi l'alfabeto architettonico del luogo in cui si opera per rielaborarlo in chiave contemporanea e aggiungere quegli elementi innovativi che possano caratterizare e rendere riconoscibile il nuovo intervento.
Rielaborare linguaggi e materiali locali, recuperare per migliorare le situazioni esistenti, leggere i codici e le stratificazioni del passato, rivalutare il patrimonio ambientale, questi sono i passi necessari per agire in contesti in cui a un semplice accostamento e accettazione dell'esistente si vuole sovrapporre un registro contemporaneo.
Il progetto di Architettura costruisce le sue fondamentali relazioni di senso e di forma a partire dal contesto e, modificandolo, deve proporre sempre una parte riconoscibile di città. Il rapporto con la storia servirà per sperimentare come i luoghi collettivi siano “il segno di una connessione con un sentimento antico”. Il progetto contemporaneo in stretta relazione con uno specifico contesto storico mette in atto una duplice sfida compositiva: quella di costruire “non solo forma ed identità, ma anche i modi della crescita e della mutazione ed i sistemi di relazione”.

Al fine di rendere il manufatto su cui si interviene un organismo complesso e vivo e per creare la massima articolazione funzionale e spaziale, non dobbiamo temere di affidarci alla polivalenza come sinonimo di concetto complesso, ovvero a più funzioni e usi, alla giustapposizione di utenti e di modi d’uso, all’articolazione di flussi e percorsi, all’accessibilità al luogo alle diverse ore del giorno e ai diversi tipi di utenza, alla creazione di differenti luminosità e così via, ponendo grande attenzione a tutte le articolazioni possibili e alla flessibilità sia funzionale che formale dei luoghi.

L'analisi del contesto contemporaneo, luogo del confronto tra le tecniche esecutive della tradizione costruttiva e quelle dell'industria matura, fornisce al progettista la chiave interpretativa del proprio tempo e ausili per la costruzione della propria poetica.

Non di rado il caotico contesto urbano incuta timore nel progettista; la mancanza di una propria forza espressiva o la difficoltà di recepire appieno le informazioni e il codice segnico dei luoghi spesso induce i progettisti a concepire l’oggetto architettonico in modo rappacificante e, utilizzando il materiale da rivestimento locale o comunque naturale, denunciano la volontà di raccordarsi alla tradizione.
Utilizzarli, tuttavia, non significa cedere a inutili nostalgie, in quanto anche l’emozione deve trovare collocazione all’interno di un ragionamento generale, purchè si trovi un corretto equilibrio tra linguaggio architettonico adottato, uso meditato dei materiali e articolazioni volumetriche per tentare di risolvere i problemi concreti posti dalla natura e storia dei luoghi e dalla collocazione del progetto.

Non meno importante è il dare risposta alle diverse istanze che la comunità esprime in termini di fruibilità, caratteristiche fisiche e dimensionali dello spazio sia rispetto alle funzioni che ai suoi specifici bisogni.

Stesso atteggiamento progettuale occorre averlo sia per i progetti inseriti nel contesto urbano che per quelli posti nell’ ambiente naturale, dove gli elementi paesistici influenzano la composizione dei volumi, che non devono costituire un negativo elemento impattante.
Il compito dell’architetto contemporaneo è quello di trovare un giusto equilibrio e convivenza tra passato e presente, esprimendosi con un linguaggio contemporaneo.

Occorre sempre tendere a un dialogo con i luoghi in cui s’interviene in modo che la comunità possa riconoscersi nell’immagine e nei contenuti da dare alla propria risposta progettuale, rifuggendo da qualsiasi ipotesi di museificazione, spinti da un falso concetto di radici storiche da preservare. 

Questo tema, ancor più complesso e specifico, ci riconduce alla preservazione e alla valorizzazione dell’ identità di un luogo; identità che si fonda per l’appunto sulla Storia, intesa percorso della cultura e della tradizione, che nella sua evoluzione e nel corso dei secoli ha generato, attraverso eventi tra loro concatenati, trasformazioni fisiche e sociali.

La storia ci ha lasciato in eredità dei segni che dobbiamo saper leggere, decodificare e reinterpretare in chiave contemporanea per la costruzione del nostro futuro avendo sempre il massimo rispetto per il passato. Il progetto contemporaneo, pertanto, deve tendere alla comprensione della storia - è bene ribadirlo - per poter preservare i valori della cultura nel processo di costruzione del nuovo.

Il progetto di architettura e il suo contesto hanno, da sempre, avuto relazioni dalla trama intricata all'interno della quale in modo inscindibile si fondono questioni legate alla sfera culturale, a quella politica e a quella tecnica.

Nel settore della produzione architettonica il passaggio da una fase di stampo artigianale a una di tipo industriale ha reso ancor più fitta questa trama, tanto da giungere a delineare il processo del costruire contemporaneo in termini di attività complessa, dovendo avere una particolare sensibilità rispetto al tema dell'innovazione utilizzando metodi, tecniche e strumenti aggiornati e tecnologicamente avanzati.

La necessità e la capacità di produrre progetti avanzati, in grado di recepire le nuove tendenze nel campo della sostenibilità e della bioclimatica, deve essere perseguita anche con controlli di qualità interni all’organizzazione professionale in modo da monitorare l’efficienza ma, soprattutto, l’efficacia del processo progettuale, attraverso gruppi di lavoro interdisciplinari costituiti da persone qualificate in grado di affrontare adeguatamente le problematiche progettuali.

Le imprese edili e le industrie che operano nel campo delle costruzioni devono sostenere i team professionali in questo loro impegno e di conseguenza i progettisti devono, alle varie scale, mantenere sempre livelli elevati di preparazione e competenza attraverso l’aggiornamento continuo anche in collaborazione con il mondo accademico.

L’aggiornamento continuo, oltretutto, è un dovere deontologico e il recente codice deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, P.P. e C. ed entrato in vigore da 1 settembre di quest’anno, lo attesta ampiamente.

 

 

Profilo dell'Autore

 

Luigi M. Mirizzi è nato nel 1945 a Conversano (BA).  E’ fondatore e titolare dello studio “Mirizzi Architetti Associati” con sede in Bari, città dove svolge la sua attività professionale. Ha studiato presso la Facoltà di Architettura di Firenze dove si è laureato, con lode, nel 1970 con il Prof. Leonardo Savioli.
Ha partecipato a numerosi concorsi d’ architettura, sia in ambito nazionale che internazionale, ottenendo premi e segnalazioni, e ha fatto parte di commissioni giudicatrici di Concorsi Nazionali e Internazionali. 
Numerose sono le realizzazioni di edilizia pubblica e privata.
mportanti sono gli interventi in materia di recupero e di salvaguardia ambientale, nel campo del restauro architettonico e in ambito urbanistico dove, tra l’altro, è stato componente del Comitato Urbanistico della Regione Puglia ed ha fatto parte del direttivo regionale I.N.U..
Numerose sono le pubblicazioni di suoi progetti e interventi su riviste specializzate.
Già docente, come professore incaricato, d’ Estimo ed Esercizio professionale presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, presiede numerosi convegni sul tema della professione, sulla formazione e sull'aggiornamento professionale.
Dal 1992 sino al 1997 è presidente dell’ Ordine degli Architetti della Provincia di Bari. 
Nel 1997 viene nominato Segretario del Consiglio Nazionale degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori, carica che riveste a tutt’oggi. 
E’ stato Presidente della Sezione Italiana dell’Unione Internazionale degli Architetti e Amministratore unico dell’Istituto di Cultura Architettonica.
Dal 2006 è Presidente dell’Associazione Regionale degli Ingegneri e Architetti di Puglia, storica associazione pugliese fondata del 1901.
Attualmente è anche componente dell’Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, istituito presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali