Restauri di architetture moderne a Venezia

last modified Jun 01, 2010 04:17 PM
Renata Codello

 

Il tema della conservazione dell'architettura moderna e dei materiali che la costituiscono ha imposto alla Soprintendenza di Venezia una riflessione da tempo sollecitata dalla necessità di conservare le opere del grande architetto veneziano Carlo Scarpa.

 

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Va detto però che fin dal 1995 era stata data attuazione al vincolo sulla "protezione del diritto d'autore" allora previsto dalla legge n. 633 del 1941. Era stato lo stesso architetto Ignazio Gardella, progettista della famosa "Casa alle Zattere" a chiedere nel 1993 il riconoscimento dell'importante carattere architettonico ai sensi del R. D. 18/5/1942 n. 1369 di esecuzione della citata legge del 1941. Era stato necessario acquisire il parere del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali per ri-conoscere la Casa alle Zattere quale "esempio di architettura moderna che rievoca tutti gli aspetti plastici e coloristici della tradizione lagunare di Venezia". 

 

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Costruita nel 1957-58, questo monumento irripetibile dimostra come si possano coniugare i caratteri tipici della tradizione veneziana con quelli dell'architettura contemporanea. Planimetricamente, infatti, i lunghi passaggi di comunicazione o visivamente le balconate in pietra profondamente aggettanti, tutti elementi tipicamente veneziani, si integrano perfettamente alla disposizione funzionale degli appartamenti, secondo concezioni dell'abitare proprie dell'architettura contemporanea.
Argan che, nel 1959, con il volume dedicato ad Ignazio Gardella pubblica l'unica sua monografia dedicata ad un architetto contemporaneo italiano, definisce provocatoriamente casa Gardella come "la Ca' d'Oro dell'architettura moderna" riconoscendo tuttavia all'opera un carattere misurato, al di là delle apparenti concessioni all'espressionismoveneziano.
Con quest'opera l'architetto dimostra altresì di aver saputo brillantemente misurarsi con lo spinoso problema dell'inserimento di un edificio moderno nell'ambiente storico monumentale e paesistico veneziano, soprattutto dopo il progetto inattuato di Wright sul Canal Grande.
Insiste ancora sul concetto di misura Manfredo Tafuri ("Les Muses inquietantes" "ou le destin d'una gènèration dei Maitres". L'experimentation prudente de Gardella, in "L'Architecture d'Aujourd'hui", n. 181, 1975) il quale ritiene che il condominio Cicogna, progettato ed eseguito nel periodo pieno della partecipazione didattica del Maestro alla Facoltà di Architettura di Venezia, fosse indice di un clima storicistico prudente, definito di "pensosa sospensione".
E' infatti evidente che "calcolate dissimmetrie, il frastagliarsi dei particolari, il suo impaginato di facciata, presentato come commento alla tipologia del palazzo gentilizio lagunare" si ponessero volutamente in confronto con l'eccezionalità del luogo.
Ugualmente nel 1995 per salvare dalla completa distruzione l'Aula Manlio Capitolo – aula delle udienze civili presso il Tribunale Civicile e Penale di Venezia – è stato realizzato il primo significativo intervento di una piccola ma preziosa architettura di Carlo Scarpa.

 

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Il Magistrato alle Acque, responsabile degli interventi, aveva disposto la completa rimozione degli arredi fissi e mobili che l'Architetto veneziano aveva progettato e realizzato nel 1955-56 per rispondere, a suo modo, alla denuncia per esercizio abusivo della professione.
In questo caso l'intervento della Soprintendenza, non privo di difficoltà, ha permesso prima il ritrovamento dei disegni esecutivi dell'opera rintracciati presso la Falegnameria Anfodillo che l'aveva costruita e successivamente, con fondi dello stesso Magistrato alle Acque, ha progettato e realizzato gli interventi di conservazione.
Solo nel 1998 il Ministero convaliderà il vincolo dell'Aula. Quella iniziale esperienza ha, tuttavia, avuto il merito di far delineare con sufficiente chiarezza alcuni temi fondamentali degli interventi di restauro del moderno.
L'assunto iniziale è stato il criterio del minimo intervento con la massima conservazione della materia. Una logica che considera il dato materiale originale non sostituibile in quanto portatore del maggior numero di dati autentici del manufatto. Ma allora, il restauro del moderno va inteso secondo le modalità adottate per l'architettura antica? Prevale il mantenimento dell'immagine architettonica e in che misura semmai essa è vincolata/svincolata dalla materia costitutiva dell'opera?
Il degrado dei materiali inizia nel momento stesso della loro posa, perchè non accettare che l'invecchiamento conduca alla scomparsa del manufatto dato che si tratta di opere recenti? E ancora, quale "durata" si può imporre a quelle architetture contemporanee che, diversamente dall'antico, usano materiali moderni, industriali e non sufficientemente duraturi? Come coniugare l'intrenseca fragilità di queste opere con la loro necessaria vitalità?
Non va dimenticato che le architetture antiche che abbiamo ereditato dal passato sono il frutto di una selezione che include anche la loro qualità costruttiva. Solo buone costruzioni possono aver mantenuto una lunga durata.
Dunque, se siamo abituati ad operare sull'antico secondo tradizioni e scuole di pensiero, per il moderno vanno costruite nuove e diverse modalità, cercando di alimentare, il più possibile, lo scambio delle esperienze fatte.
Quasi tutti gli operatori del restauro ritengono, di fatto, che l'intervento sul moderno sia del tutto analogo al restauro dell'architettura antica. Ciò può valere, in qualche misura, per gli interventi puramente conservativi che si fondano su una prassi consolidata di manutenzione e cura dell'esistente.
Già qui, però, vanno fatte alcune distinzioni: restaurare un marmorino cinquecentesco è cosa assai diversa dal restaurare uno stucco lucido o una finitura a componenti acriliche. Nel primo caso materiali tradizionali possono essere integrati e rigenerati con tecniche e maestranze altrettanto tradizionali. Nel secondo caso l'immediata difficoltà di stabilire le sostanze industriali componenti la finitura, nonchè il loro assemblaggio, rendono già molto diverso l'intervento da eseguire e le competenze degli operatori in grado di realizzarle.

 

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Ma nell'edificio moderno le distinzioni diventano via via più radicali: ripristinare un serramento non puù efficiente può richiedere, caso per caso, la correzione di un difetto costruttivo, l'aumento della tenuta (prestazione) un più elevato indice di sicurezza, e così via. Ne deriva che il ridisegno dettagliato di elementi costruttivi, anche molto importanti per l'immagine e la funzionalità dell'edificio moderno, non necessariamente conduce al rifacimento di parti uguali alla versione originale. Tende, piuttosto, al recupero dello "spirito architettonico" primitivo. Questa operazione si configura come atto squisitamente progettuale, dunque basato sulla conoscenza storica e filologica dei caratteri architettonici originari ma configurata come autonoma elaborazione di nuove soluzioni architettoniche e costruttive.

 

Profilo dell'Autrice

Renata Codello è architetto, soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici  di Venezia e Laguna. Laureata allo I.U.A.V., con il massimo dei voti e dignità di stampa, vi ha svolto attività di tecnico a contratto.
Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 1996 presso l’università di Genova.
Autrice di numerosi saggi, ha curato con Roberto Masiero, il volume Materia Signata-Haecceitas. Tra restauro e conservazione (Milano, 1990) e l’edizione italiana del testo di A. W. Pugin I veri principi dell’architettura cuspidata ovvero cristiana (Roma-Bari, 1990).
Ha pubblicato Gli intonaci. Conoscenza e conservazione (Firenze, 1996, 1997); Il restauro dell’architettura contemporanea. Carlo Scarpa, aula Manlio Capitolo (Milano, 2000); La nuova Accademia di Belle Arti di Venezia. Cinque progetti per il complesso degli Incurabili (Venezia, 2001); L’intonaco da risanamento a Venezia: sperimentazione sulle murature antiche (Reggio Emilia, 2003), Progettare un museo, (Milano, 2005), La nuova Accademia di Belle Arti di Venezia.Conservazione, restauro e modificazioni del complesso degli Incurabili (Venezia, 2007).
Ha insegnato alla facoltà di architettura di Genova e alla facoltà di ingegneria di Roma Tor Vergata con il prof. Vittorio De Feo. Dal 2001 è docente di Storia dell'architettura e restauro architettonico presso la facoltà di Scienze Ambientali dell’università degli studi di Venezia Ca’ Foscari.  Ha restaurato a Venezia le opere di Carlo Scarpa: aula Manlio Capitolo, Ponte della Querini, monumento alle Partigiane ai Giardini; biglietteria della Biennale e  del  monumento con la statua di Augusto Murer sempre ai Giardini. Ha redatto il progetto preliminare e diretto i lavori per la nuova sede dell’Accademia di Belle Arti nel complesso cinquecentesco degli Incurabili alle Zattere.  Ha progettato con Tobia Scarpa e dirige i lavori per l’ampliamento delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.